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venerdì 28 agosto 2015

Tutto sui Japu.


Richiesta strana in Linkedin che e' quella di un post sulle abitudini dei Giapponesi.
Capisco che la visita all'Expo sia stata la scintilla a detta richiesta e dalle mie origini ubicate near l'esposizione e anche dal mio cognome identificativo dei santoni che si danno fuego.. ma dei Japu io ne so quanto Voi e quindi ho clickato sull'Aranzulla che viaggia sempre da quelle parti ma esso scrive sempre tecnologicamente e da parte mia al max vi posso edurre sulle abitudini dei Casalbordinesi.. quindi ho cercato chi di recente ha fatto il buon viaggetto Asiatico e non mi e' dispiaciuta la recensione di Selvaggia Lucarelli sulle abitudini Nipponiche che Vi posto paroparo senza cambiare una virgola,,giudicate Voi:

Con una lunga e dettagliata lista torno a raccontarvi un altro pezzo di quel Giappone che sfugge alla comprensione del turista medio, anche perché non posso lasciarvi andare nel Sol Levante senza almeno
le nozioni base per manovrare un wc o mettervi nel lato giusto della fila su una scala mobile.

L’IGIENE.

Se vi è capitato di giudicare ossessiva vostra madre perché prima di partire e chiudere
casa lavava i pavimenti, non siete mai stati in Giappone.
In Giappone c’è un’os s e ssione per l’igiene che neanche Striscia la Notizia per Masterchef.
A parte la presenza massiccia delle classiche mascherine da sala operatoria che i giapponesi utilizzano
contro allergie e raffreddori (attenzione, anche per non trasmetterli, perché loro sono così
gentili che se vi passassero un qualche virus farebbero harakiri sui binari della metro),
in Giappone la pulizia è un modus vivendi.

Ti siedi al ristorante e il cameriere ti saluta porgendoti un asciugamano caldo per pulirti le mani. A tavola il tovaglioloè umidificato.
In hotel a Roma sul banco della reception trovi i volantini del kebab take away, a Tokyo il dosatore con
disinfettante. Nei taxi il conducente guida con i guanti bianchi e i coprisedili sono tutti di uncinetto
candido, in modo che le eventuali macchie diventino fosforescenti tipo Luminol.
Infine, il vero capolavoro: il wc. (vedi foto sopra)

Non solo l’asse è riscaldata – non sia mai uno prenda freddo al retro della coscia – ma accanto alla tazza ci sono i comandi di un reattore nucleare.
Con un tasto parte il suono degli uccellini o delle cascate del Niagara per coprire eventuali rumori.
Con un altro viene fuori una specie di microcannone, che non sai se sta per mitragliarti le chiappe
o lavartele.
Poi c’è il tasto con la ventola per asciugarti e puoi scegliere la modalità brezza o starnuto di Giuliano
Ferrara.
Passi venti minuti a cercare il tasto per scaricare e – dopo aver trovato tante di quelle combinazioni di tasti
che il wc non parte ma decolla lo Space Shuttle in Texas – scopri che è una leva qualunque dietro la tazza.
Ma se cerchi un cestino per strada, puoi fare 30 chilometri senza trovarne uno. Se mangi un gelato nel centro di Tokyo, arrivi la sera a Kyoto con ancora la carta del ghiacciolo in mano.

LE FILE.

Per il giapponese la fila è un evento naturale come la rugiada di primo mattino o un cazziatone della Pascale a Silvio.
I giapponesi si mettono ordinatamente in fila per compiere ogni attività e il turista si adegua con stupore. L’unico problema è che sulle scale mobili a Tokyo ci si piazza tutti a sinistra anziché a destra come
da noi, spesso il turista si pianta sbadatamente dal lato sbagliato impedendo ai numerosi
lavoratori in giacca e camicia di accelerare il passo.
Vista la loro rinomata gentilezza nessuno chiederà mai a un turista di spostarsi, molto spesso i crolli della Borsa a Tokyo sono dovuti non a normali oscillazioni del mercato, ma a un turista italiano che sulla scala
mobile ha ostruito il passo a 25 alti dirigenti della Nomura Bank.

IL CALDO.

Dopo che si è stati in Giappone d’estate, il concetto di “c a ld o ” cambia radicalmente.
Dopo il Giappone per voi sarà legittimato a dire “sento un leggero caldino”solo un vulcanologo calato con
una corda nel cratere del Krakatoa.
Tu sei immobile a contemplare un tempio shintoista e senti le vampate di tutte le
donne in menopausa del mondo.
E comprendi che il ventaglio delle geishe in Giappone non è iconografia, è sopravvivenza.

LA TV.
Dopo aver provato a guardare qualche programma in tv, ho rivalutato il palinsesto di TeleTevere. A parte una pur apprezzabile ossessione per i documentari di guerra – la mattina alle sette danno già un approfondimento sull’in vasione della Manciuria –il resto sono quiz condotti da gente infilata in qualche peluche gigante o programmi di karaoke.
Il cinema non se la passa meglio, uno dei successi giapponesi più recenti è Assassination classroom, la storia di un professore alieno con le sembianze di un polipo che gli studenti devono uccidere per salvare
il mondo.
Per sentire un contenuto più insensato bisognerà attendere la nuova Finanziaria.

IL CIBO FINTO.
Nei ristoranti turistici in Italia sui menu si trovano le foto dei piatti. In Giappone i piatti del menu vengono riprodotti con dei modelli identici del piatto in plastica o cera.
Praticamente, sono i piatti con la frutta, la bistecca e la pizza finta con cui giocavamo da bambine, ma
fatti meglio.
Confesso che un paio di sere alla terza Sapporo ho avuto il sospetto di aver mangiato una grigliata di pesce
in silicone raffreddato. Ma mi porterò il dubbio nella tomba.

SUSHI.
Una delle più grandi sorprese del Giappone è che ci sono molti più sushi a Milano che a Tokyo.
Tokyo pullula di cinesi, fusion, ristoranti di carne, fast food e perfino e pizzerie, ma c’è una più alta concentrazione di sushi in Brera che a Shibuya. La faccenda crea una profonda frustrazione nel turista
il quale per rimediare dà retta al passaparola e decide di recarsi alle quattro del mattino al mercato del pesce di Tokyo.
Del resto, chi di noi non si sveglia alle quattro del mattino con quell’irrefrenabile desiderio di branzino crudo?

LE STANZE.
Si fa tanta ironia sulle dimensioni dei giapponesi maschi, ma il vero dramma sono le dimensioni delle
stanze degli hotel giapponesi.
Non si sa bene per quale ragione, lo spazio, per il giapponese, sia un concetto vago. In 16 giorni a Tokyo e quattro hotel diversi (hotel quattro stelle, mica hotel capsula), non sono mai riuscita ad aprire completamente
un trolley.
Gli armadi non esistono, al massimo quatto grucce su una specie distendino da parete.
Poi entri in bagno e c’è una vasca in cui si potrebbe allevare un leone marino, perché il giapponese
può non avere spazio per campare ma non gli deve mai mancare quello per lavarsi.

LE CICALE.
Lo so, ora starete pensando: che avranno di speciale le cicale giapponesi?
Hanno di speciale che una singola cicala giapponese ha l’estensione vocale di Adriano Pappalardo, Albano e Maurizio Landini incazzato.
Voi non potete capire la caciara in prossimità di uno sparuto albero o un solingo cespuglio.
Figuratevi a Kyoto, immersi nella natura.
E infatti, mi spiace dirlo, ma la storia dei giardini zen è una boiata colossale: altro che silenzio.
Altro che pace e meditazione e ritiro spirituale.
Tra un ciliegio e un laghetto ci sono sempre ottocento cicale a rompere i coglioni.

L’ESTETICA.
Gli uomini si cotonano le radici dei capelli come la Dompè e prediligono un’inspiegabile tinta arancio.
Le donne sono mediamente molto belle, con la mania per le ciglia finte e per le scarpe alte
sempre e ovunque.
Spesso d’estate girano con ombrellini, calze e dei copribraccia osceni in lycra da centro ustionati perché dopo il terrore dei batteri, la più grande fobia dei giapponesi è quella per i raggi Uva.

IL KARAOKE.
Nessun luogo comune.
A Tokyo si fatica a trovare un sushi, ma i karaoke sono a ogni angolo di strada e la vera scoperta è che non è necessario frequentarli alticci con una comitiva di amici, no.
Ci sono quelli per gli onanisti del cantato, ovvero singole cabine insonorizzate in cui chiunque può cantare a squarciagola per ore senza essere ascoltato da altri frequentatori del locale. Io, ora che lo so, continuo a sperare che ne apra presto uno in Italia e qualcuno ci chiuda dentro Gigi D’Alessio.
Ma mi sa che dovrò aspettare ancora un po’.

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