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domenica 24 gennaio 2010

Ifigonia in Culide (parte prima)






questa era la prefazione

Reggia di Corinto, Vastissima sala da trono - anno 69 a.c.

ATTO PRIMO

SCENA:

Le porte sono spalancate per dare accesso al popolo Entra il gran cerimoniere.

Gran Cerimoniere:

O popolo bruto, su snuda il banano

non vedi che giunge l'amato sovrano ?

Il Sir di Corinto, dal nobile augello

qual mai non fu visto più duro e più bello.

Il sir di Corinto dall'agile pene

terrore e ruina del fragile imene;

il sir di Corinto dal cazzo peloso

del cul rubicondo ognora goloso.

O popolo invitto, in gesta d'amore

s'affermi il Sovrano più caro al tuo cuore.

Rendiamogli omaggio nel modo migliore,

offrendogli il culo delle nostre signore.

Popolo:

Noi siamo felici, sappiategli dire,

che tutto al Sovrano c'e' grato d'offrire.

Le nostre consorti facciam preparare

in modo che a turno le possa inculare.

Noi siamo felici, noi siamo contenti

le chiappe del culo porgiam riverenti,

che al nostro gentile e amato Sovrano.

rimanga gradito il buco dell'ano.

(Entra il seguito della Corte. Le nobili dame hanno le parti del corpo desiderabili leggermente velate.

Il Re, con noncuranza, tocca di tanto in tanto le forme delle damigelle più carine.)

Re :

O sudditi amati. io resto confuso!

Il turno dei culi che offrite per l'uso

sarà più gradito al regio mio cazzo

che mai troverebbe migliore sollazzo.

La gioia che mi dai o popolo e' si grande

che già l'uccello regio distende le mutande.

Per mio regal decreto sarà da stamattina

distribuita ai poveri gratis la vaselina:

che al fine permetta, finche' lo vogliate,

di fare nell'ano gloriose chiavate.

Voglio sian compensati i sudditi fedeli:

il cul pigliate pure, ma state attenti ai peli.

(Segni di giubilo)

Cerimoniere :

Adesso fuori dai coglioni

per lasciar posto ai Principi e ai Baroni.

Ai Principi e ai Baroni e ad Ifigonia bella

che sospirando brama l'ardor d'una cappella.

Coro delle vergini (Danzando):

Noi siam le vergini dai candidi manti,

siam rotte di dietro, ma sane davanti;

i nostri ditini son tutti escoriati,

a furia di cazzi che abbiamo menati.

Nell'arte sovrana di fare i pompini

battiamo le troie di tutti i casini;

la lingua sapiente e l'agile mano

dan gioia e sollievo al duro banano.

Ifigonia :

Padre mio, padre mio.

sono presa dal desio.

Ho già un dito che fa male

per l'abuso del ditale;

ho la fica che mi tira

come corda di una lira

sto soffrendo atroci pene

del prurito dell'imene,

nella fica ho persin messo

la manopola del cesso

mi ficcai nella vagina

la più grossa colubrina;

mi son messa dentro il buso

sino il cero di Caruso;

mi piantai nel deretano

cinque dita, e pur la mano.

Credo giunto sia il momento

di donarmi un Reggimento

che non sappia manovrare,

ma sia lesto nel montare;

nella fica anelo tanto

d`appagarlo tutto quanto...

me la sento rovinata

senza averla adoperata.

Padre mio si forte e bello

ho bisogno di un uccello:

d'un uccello di nobil schiatta

che mi sballi la ciabatta,

di una fava grossa e dura

che ricrei la mia natura.

Manda un bando per il Regno,

sia trovato uccello degno

che finisca le mie pene

spalancandomi l'imene.

Padre mio se non mi sposo

moriro' senza quel Coso.

Re :

Giuste sono le tue brame, o figlia bene amata,

s'io padre non ti fossi, di già ti avrei chiavata.

Con la regal consorte, tua madre la Regina,

n'ho fatte diciassette soltanto stamattina.

E se alle mie brame non ponessi un freno

non passan tre minuti che il bandolo mi meno.

Vedendo tanti culi di Principi e Baroni

mi sento un gran prurito nel fondo dei coglioni.

Popolo :

Noi siamo felici, noi siamo contenti

si rizzano i cazzi tuttora pendenti.

Madama Ifigonia soave e pudica

già sente prurito nell'inclita fica.

O Giove possente, che Venere bella

le faccia gran dono di tale cappella:

che il culo le rompa, le rompa l'imene

e infine la tolga da tutte le pene.

Sia pago il desio alla vergine cara

meniamoci il cazzo in nobile gara.

(Tutti eseguono)

Ifigonia (rivolta al popolo):

Quanta fava, quanta fava.

ma perche' nessun mi chiava?

Su donatemi un uccello,

un uccello lungo e bello:

nella fica e poi nell'ano

che mi entri piano piano.

Ho gran voglia di godere

ve lo chiedo per piacere.

Deh non fatemi soffrire

ve lo pago mille lire.

Re:

Udendo le tue giuste e oneste aspirazioni,

d'orgoglio mi ribolle lo sperma nei coglioni:

con animo commosso, vedo tra i bianchi veli

spuntare nere le punte dei tuoi peli.

Non voglio che si sciupi tanto lavoro mio,

con sforzo, forse, potrei chiavarti anch'io.

Il sacerdote venga, si appresti al sacrificio:

Enter O'Clisma tosto ne tragga lieto auspicio.

Cerimoniere :

S'avanzi Enter O'Clisma, il Sacerdote,

dal culo più vezzoso delle gote.

Sacerdote (entrando) :

Al Sire di Corinto, Signore degli Achei,

auguro cazzi in culo non men di trentasei.

Re:

Al Gran Sacerdote, d'ogni rispetto degno

venga dato, in omaggio, un bel cazzo di legno.

Gran Sacerdote :

La tua proposta, o Sire. mi rende il cuore gaio.

pero', l'avrei più caro di ben temprato acciaio.

Popolo :

Noi siamo felici, noi siamo contenti,

prendiamo l'ucccllo ben stretto tra i denti,

che al Gran Sacerdote quel cazzo d'acciaio,

il culo gli renda siccome un mortaio!

Gran Sacerdote :

Sono corso immantinente alla regal chiamata

lasciando quasi a mezzo la solita chiavata.

Pazienza! Se il ciel non me lo lega,

mi rifaro' di certo con una bella sega.

Esponi il tuo desio, o gran Sire venerando,

in fretta, te ne prego, non vedi come bando?

Re:

Alla mia amata figlia, la pallida Ifigonia,

da qualche tempo, prude la rorida begonia.

O Sacerdote sommo, chiuditi in sacrestia,

prendi l'uccello in mano e fanne profezia!

Gran Sacerdote:

Eseguo senza indugio i tuoi detti, o Signore,

augurandoti in culo cazzi sessantanove.

(il Gran Sacerdote esce da destra...)

Ifigonia:

Padre mio, padre mio,

questa volta l'avro' anch'io.

Sospirando quel belino

voglio farmi un ditalino,

domandandovi permesso

vado a farmelo nel cesso.


(Fa per avviarsi)

Re (trattenendola):

Rimani, o sconsigliata; il padre tuo diletto

innanzi al popolo tutto ti grattera' il grilletto,

mentre il Cerimoniere, memore del mio pegno,

mi inculera' di dietro col suo cazzo di legno.

Se con le bianche mani mi tieni su i coglioni

vedrai nella mezz'ora quaranta polluzioni.

Popolo :

Noi siam felici, noi siam contenti,

il re che L'ha duro in tutti i momenti;

seguiamo l'esempio del caro sovrano.

facciamoci forza, pigliamolo in mano!

Gran Sacerdote (entrando) :

Nel libro del futuro ho aperto uno spiraglio

rompendo un culo vergine col mio peloso maglio;

Re:

I detti tuoi sapienti sian rapidi e fatali

come fuor dell'ano i nodi emorroidali.

Gran Sacerdote :

Seguendo il tuo consiglio o re buono e sapiente,

misi L'uccello duro sopra un braciere ardente,

lessai il coglion sinistro, ne bevvi poscia il brodo,

grande e divino auspicio traendone in tal modo:

questa e' la frase magica che ho letto nel librone:

"Nessuno vada in figa se privo di goldone,

e che in figa a Ifigonia nessun metta l'uccello

se prima non si svela l'arcano indovinello.

Tra i principi del sangue dal bel tornito uccello

bandito sia il concorso con un indovinello,,.

Cerimoniere (al popolo) :

Toccatevi i coglioni, se li avete.

perche' vedo transitare un prete.

(Tutti si toccano i coglioni, e Ifigonia, che non li ha, con una mano tocca

con leggiadria ed amore le grosse palle del Sovrano, ed esegue... con

l'altra, seduta su di un orinale)


segue parte seconda

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