La compagnia dei defunti
Ci ho pensato spesso, in questi ultimi sessant’otto anni. E se dovessi descrivere il funerale ideale, lo sognerei senza dolore e senza addolorati, addolorandi e senza funerale io odio andare ai funeralie specialmodo il mio. Converrebbe ad onor del vero, aver lasciato di se una traccia di allegria cosi’ potente da controbilanciare l’assenza nel caso si sentisse. Un segno di leggerezza da consumare anche postumo. Il funerale deserto andrebbe proprio bene. Non sono fra quelli che piagnucolano…ricordati di me... Dimenticati di me, piuttosto, ma, soprattutto non soffrire. Mi farebbe piu’ male del morire. Ma come cazzo si fa? O muori cosi’ vecchio, ma cosi’ vecchio che le persone che ami o dovresti amare si sentirebbero iperstufate dal vederti ancora li’ stipendiato dall’INPS o INPDAP. Insomma, ne avrebbero avuto piu’ che a sufficienza dal trovarti sempre tra le palle. Oppure, sempre nel desiderio di non lasciare dolore dietro di se’, tramutarsi, se non lo si e’ gia’, in un essere detestabile e malvagio e iperscassacazzi. Cosi’ perfido da far tirare un sospiro di sollievo a chi resta. E poi ho poca voglia che l’uomo continui a concedere alla morte la di lei capricciosa, ostinata supremazia…e’ piu’ dolorosa l’attesa dell’arrivo
E che magnifichi se stessa in consessi preficanti dall’organizzazione paramilitaresca. Se proprio fosse necessario, lascerei sfilare dietro il feretro i volontari dell’addio a tutti i costi. Il ricordo del beneamato dovrebbe essere sparpagliato il piu’ possibile e senza le dimensioni strette e obbligatorie di una cerimonia con corteo semiordinato. Incrocio di sguardi interrogativi e rumorino di suole che strascicano ghiaietta e pensieri a caso. Ma la convenzione vuole che alla morte si debba rispetto e al morto onore e saluti. Cosi’, oggi, appare molto sconveniente una preghiera funebre univocale del celebrante. Si e’ stabilito che sia sempre preferibile un rito con ondulazione corale, abbastanza nera. Un rito composto, religioso comunque. La parola deve essere multipla. Le strampalate regole tramandate della pietas sembrano avvertirci che il de cuius, solo dopo la morte, non debba essere solo per la serie..tutti insieme a salutare il rompiballe che si e’ levato di mezzo e ci permettera’ di fare le ferie senza complessi di colpa dell’abbandono o peggio ancora senza interrompere le ferie per tornare a salutare il vecchio pirla rimbambito che pur di stracciarci i pendenti ha deciso di andarsene mentre eravamo a Ibiza. Strana pietas. Da morto, dicevo, qualcuno deve pure piangerlo. Vanno bene legionari smaniosi di macabri eroismi cosi’ come prezzolati professionisti del piagnisteo o le famose piagnimuerto nordafricane. Ora arrivo al titolo del post dicendo che Don Ercolino Pestalossi, della parrocchia di Sant’Orso Brunopallido, si e’ stancato dei funerali deserti. E ha deciso di varare la ..compagnia dei defunti... Invita uomini e donne alla supplenza, nel caso non ci fosse nessuno a soffrire attorno ad una bara. Il vantaggio della solitudine non deve essere concesso mai. Allegro oggi, vero? Ma cambiamo argomento..quanto costa una cassa da morto?..
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