L’eccessiva offerta della risata, attraverso le tante forme della comunicazione, non giova alla qualita’ della comicita’ e dell’umorismo. Certe persone sostengono che la comicita’ sia un fatto tecnico, un uso ben architettato del mestiere di attore. Ma cosi’ la comicita’ scopre il suo limite, perche’ e’ generata da meccanismi tecnici e non da un approccio a quanto vi e’ di umano, di contradditorio o di paradossale delle cose e delle persone ed e’ quello che solitamente faccio nei post, far ridere non basta, bisogna attraverso il ridere accompagnare chi legge nelle pieghe segrete della vita, del tipo riso amaro di Pirandello o anche di certi attori sudisti nostri che ci provano coi vari Benvenuti sia al sud che al nord. Ad oggi la comicita’ si tiene lontana dalle fonti di sofferenza e ripudia attingere a problematiche sociali, un poco come nel rigoletto che come buffone di corte deve far ridere a richiesta del suo padrone o signore che gli dice..fammi ridere buffone.
L’epoca nostra e’ proiettata verso l’ottimismo di massa e quindi verso un’allegria che concede ben poco ai mugugni e alle riflessioni dei drammi sociali. E pensare che a parer mio..la risata e’ un momento liberatorio, la fuga dalla realta’. Ecco perche’ non vado molto per il sottile e cerco di catturare il lettore..la qualita’ della risata e’ secondaria e possiamo anche concedere le varie frasi che scrivo e l’importante e’ che non debba seppellire nel turpiloquio o linguaggio scurrile di bassa estrazione. Il lettore vuole ridere, e’ depresso e vuole dimenticare le tristezze? Va bene ma pero’ a voler far ridere a tutti i costi..non paga..alla distanza e’ chi scrive che puo’ subire la deformazione di immagine e quindi da comico diventa buffone ..e mi domando..ma conviene dire cazzate se poi di riflesso divento buffone? Bah..fine della riflessione che ho tentato di fare seria inizialmente con le giornate ricorrenti ma agli effetti non lo e’.. cosi' e se vi pare.. fanculo e si vede che ho frequentato la Sorbonne vero?.
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