giovedì 19 febbraio 2015
Is Is
L’isis non avrà grandi difficoltà a invadere l’Italia di Eugenio Orso
A questo punto, non sono le profezie di
Nostradamus o il terzo segreto di Fatima che lo annunciano, ma la
realtà è che l’isis – manovrato, armato, rifornito e rifocillato da
potenti padrini, praticamente tutti nostri “alleati” – se andrà verso
nord, partendo dal Grand Maghreb, non avrà troppe difficoltà a
conquistare l’Italia, o almeno una fetta del nostro paese. Bandiere nere
su San Pietro, nel giro di qualche mese? Non è da escludere.
Sicuramente la Sicilia e le isole minori, come Lampedusa e Pantelleria, a
sud saranno in grave pericolo. Per ora sembra che il pericolo non si
avverta, ma è già reale.
Resisterà la Tunisia allo stato islamico
che fa una sanguinosa “guerra da corsa”, non ancora sul mare ma sulla
terra? Avranno i tagliagole del califfo, che si stanno avvicinando a
Tunisi dalla Libia, l’appoggio di almeno una parte dell’Ennahda
islamista tunisino (al-Nahda, la rinascita) e di giovani leve locali,
deluse dagli esiti della “primavera araba”(!) e della “rivoluzione dei
gelsomini”? Il piccolo esercito tunisino, con meno di trentamila uomini
(il deposto Bel Alì ha privilegiato la polizia, per controllare la
popolazione) riuscirà a fermarli sul confine con la Libia? E se
attaccassero infiltrandosi da più parti, ad esempio dall’Algeria? Il
problema potrebbe presentarsi prima del previsto, perché l’infezione
islamica sunnita si sposta con grande velocità, nonostante qualche
sconfitta subita e subito archiviata, puntando sempre su nuovi
obiettivi. Un esempio? I curdi irakeni da nord, est e ovest sono
arrivati a poca distanza da Mosul (dieci chilometri, in certi punti), ma
i tagliagole di al-Baghdadi attaccano a sorpresa Erbil, la capitale
dello stato curdo, in forze da sud-ovest. Ferocia disumana, velocità
d’azione, propaganda di grande effetto sono tre requisiti del successo
dello stato islamico, capace di colpire a sorpresa nel breve, dove vi è
maggior debolezza da parte del nemico (Iraq diviso, Libia stato
“fallito”).
Nel caso dell’invasione della Tunisia,
dopo aver stabilito basi in Libia ed anche senza attendere la conquista
della capitale Tripoli, la feccia dello stato islamico potrebbe
rapidamente progettare un attacco contro la Sicilia, a partire da
Lampedusa e Pantelleria, che sarebbero le prime a cadere. L’Italia, in
altra epoca il “ventre molle” dell’occidente capitalista, e perciò anche
dell’alleanza atlantica contrapposta ai sovietici, diventerebbe così il
ventre molle dell’eurozona, ma questa volta non in termini puramente
economici …
Più che a una lenta infiltrazione confusi
con gli immigrati, che pur ci sarà per far entrare gli “scout”, sto
pensando a sbarchi notturni, utilizzando natanti di piccole e medie
dimensioni, carichi di mercenari e armi. Non credo che la guardia
costiera e la marina militare potranno individuare tutte queste
imbarcazioni. Sicuramente in molti sbarcheranno senza trovare contrasto e
senza neppure essere individuati. Arriveranno portandosi dietro
kalashnikov, lanciarazzi rpg, mitragliere e granate. Mezzi di trasporto,
fra i quali fuoristrada e pick-up Toyota ai quali sono affezionati, li
potranno trovare sul posto, uccidendo gli occupanti e requisendoli. Così
la benzina e il cibo. Altre armi individuali e altri mezzi li potranno
prendere ai carabinieri e ai poliziotti in fuga (cosa che do per
scontata, data la situazione italiana). Anche le motociclette e gli
scooter serviranno alla bisogna. Gli alloggiamenti, provvisori durante
l’avanzata, li troveranno strada facendo, nei centri abitati, nei
casolari, sterminando e sgozzando la popolazione che non riuscirà a
fuggire.
Ci sarà di tutto, per quanto, almeno
all’inizio, in numeri non troppo grandi: libici, irakeni, siriani,
tunisini, algerini, ceceni, somali, nigeriani, maliani e … europei, o
meglio i nuovi “moros”, una sorta di bastardi senza patria, figli e
nipoti degli immigrati islamo-sunniti non integrati e non integrabili
(nonostante la cittadinanza francese, inglese o italiana). Non ci sarà
da stupirsi se alcuni mussulmani europei, impegnati nell’azione,
proverranno proprio dall’Italia.
Le forze armate italiane, dopo anni di
tagli al bilancio della difesa e agli organici, sono ridotte all’osso e,
oltretutto, gli uomini migliori impiegati in un gran numero di missioni
internazionali, dal Kosovo all’Afghanistan. Per quanto riguarda
l’esercito, in tutta la Sicilia (circa ventiseimila chilometri quadrati)
ci dovrebbe essere soltanto la brigata meccanizzata Aosta, con sei
reggimenti, ma non so fino a che punto è impegnata nelle missioni
all’estero. Per non parlare poi di Lampedusa e Pantelleria, piccole
isole di qualche decina di chilometri quadrati, fin troppo vicine
all’Africa e allo stato islamico, che non possono contare,
nell’immediato, su qualche reggimento militare. Gli invasori dovranno
essere affrontati sul terreno, ma le forze scarseggiano e l’esercito
italiano può contare su circa centomila uomini, per le costose missioni
all’estero e per difendere l’intero paese. Un po’ pochini,
considerando la minaccia che si profila. Oltretutto, molti volontari
sono giovani che probabilmente sono lì per avere un lavoro sicuro e un
piccolo reddito, non per “vocazione” e spirito guerriero. Cosa faranno
questi giovani mal pagati in mimetica, davanti agli assassini
islamici-sunniti dei quali è nota la ferocia? Renzi può pure comandare
cinquemila militari, sparsi nel paese a difesa dei siti sensibili, ma
l’invasione sarà ben altra storia!
Non credo che l’unione europide monetaria
si farà in quattro per dare concretamente una mano all’Italia. L’Italia
deve obbligatoriamente privatizzare, riformare pensioni e mercato del
lavoro, applicare il rigore contabile, ma la gestione dei flussi
migratori attraverso il Mediterraneo, che porterà amarissime sorprese,
son solo affari suoi. Però state tranquilli, in frangenti come quelli
che si prospettano l’unione monetaria e finanziaria dichiarerà la sua
piena solidarietà, nei confronti dello stato membro aggredito dai
terroristi!
L’Onu è ormai in disarmo, conta come il
due di coppe a briscola (quando escono spade), perciò, per mettere
insieme uno straccio di coalizione internazionale e intervenire sul
campo ci metterà almeno sei mesi, se non un anno.
Resta l’alleanza atlantica, che scalpita
nell’est europeo intenzionata a muovere guerra alla Russia. Di certo,
l’intervento nato potrà risolvere il problema, ma quali saranno i costi
per il paese? E’ facile prevederli. Una completa, definitiva
sottomissione (in secula seculorum) non all’islam, ma al potere militare
ed economico dell’alleanza guidata dagli usa, prima ancora che alla
troika!
Questa volta la vedo brutta, molto brutta!
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