giovedì 29 novembre 2018
Compagnìa dei defunti.
Ci
ho pensato spesso, in questi ultimi settantasei anni.
E
se dovessi descrivere il funerale ideale, lo sognerei senza dolore e
senza addolorati, addolorandi e senza funerale.
Odio
andare ai funerale specialmodo il mio.
Converrebbe
ad onor del falso, aver lasciato di se una traccia di allegria cosi’
potente da controbilanciare l’assenza nel caso si sentisse.
Un
segno di leggerezza da consumare anche postumo.
Il
funerale deserto andrebbe proprio bene.
Non
sono fra quelli che piagnucolano per la serie ricordati di me. Dimenticati di me, piuttosto, ma, soprattutto non soffrire.
Mi
farebbe piu’ male del morire.
Ma
come cazzo si fa?
O
muori cosi’ vecchio, ma cosi’ vecchio che le persone che ami o
dovresti
amare
si sentirebbero iperstufate dal vederti ancora li’ stipendiato
dall’INPS ex INPDAP.
Insomma,
ne avrebbero avuto piu’ che a sufficienza dal trovarti sempre
tra
le palle.
Oppure,
sempre nel desiderio di non lasciare dolore dietro di
se’,
tramutarsi, se non lo si e’ gia’, in un essere detestabile e
malvagio e
iperscassacazzi,
cosi’ perfido da far tirare un sospiro di sollievo a chi resta.
E
poi ho poca voglia che l’uomo continui a concedere alla morte la di
lei
capricciosa, ostinata supremazia…e’ piu’ dolorosa l’attesa
dell’arrivo
E
che magnifichi se stessa in consessi preficanti dall’organizzazione
paramilitaresca.
Se
proprio fosse necessario, lascerei sfilare dietro il feretro i
volontari
dell’addio
a tutti i costi.
Il
ricordo del beneamato dovrebbe essere sparpagliato il piu’
possibile e
senza
le dimensioni strette e obbligatorie di una cerimonia con corteo
semiordinato.
Incrocio
di sguardi interrogativi e rumorino di suole che strascicano
ghiaietta e pensieri a caso.
Ma
la convenzione vuole che alla morte si debba rispetto e al morto
onore e saluti.
Cosi’,
oggi, appare molto sconveniente una preghiera funebre univocale
del
celebrante.
Si
e’ stabilito che sia sempre preferibile un rito con ondulazione
corale,
abbastanza
nera.
Un
rito composto, religioso comunque.
La
parola deve essere multipla.
Le
strampalate regole tramandate della pietas sembrano avvertirci che il
de cuius, solo dopo la morte, non debba essere solo per la
serie..tutti insieme a salutare il rompiballe che si e’ levato di
mezzo e ci permettera’ di fare le ferie senza complessi di colpa
dell’abbandono o peggio ancora senza interrompere le ferie per
tornare a salutare il vecchio pirla rimbambito che pur di stracciarci
i pendenti ha deciso di andarsene mentre eravamo a Ibiza.
Strana
pietas.
Da
morto, dicevo, qualcuno deve pure piangerlo.
Vanno
bene legionari smaniosi di macabri eroismi cosi’ come prezzolati
professionisti
del piagnisteo o le famose piagnimuerto nordafricane.
Ora
arrivo al titolo del post dicendo che Don Marcello Colcelli,
della
parrocchia di Sant’Egidio
dell'Orciolaia, si e’ stancato dei funerali deserti e ha deciso
di varare la ..compagnia dei defunti…
Questa
compagnia (accento sulla i) invita uomini e donne alla supplenza nel
caso non ci fosse nessuno a soffrire attorno ad una bara.
Il
vantaggio della solitudine non deve essere concesso mai e cosi' e'
stato superato l'enpasse di non esser soli nell'ultimo viaggio con la
modica cifra d'iscrizione di un paio di euro e l'incombenza di
partecipazione a qualche funeralata.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento