In merito agli anglicismi a cui siamo abituati, mi sovviene un articolo di Giovanni Canzanella che sette anni fa fece in occasione di un progetto cinematografico dell'Istituto Luce che e' il maggior archivio storico italiano, proietto' alla Mostra del Cinema di Venezia dal titolo “Me ne frego” riferito alle trasformazioni cui la lingua italiana venne sottoposta durante il ventennio dell'ascesa di Mussolini dal 1923 sino alla sua deposizione (25 luglio 1943).
Me ne frego! ed era un ritratto approfondito ed ironico delle trasformazioni cui la lingua italiana venne sottoposta durante il Ventennio, dall’ascesa di Mussolini.
Via gli anglicismi, simbolo dell’influenza della «perfida Albione» (come all’epoca veniva chiamata l’Inghilterra); via le espressioni troppo effeminate ,come il darsi del «Lei» che venne sostituito con il «Voi», più virile e sintomatico del «machismo» fascista.
E basta con quegli inutili dialetti, simbolo di un Italia arretrata e incivile.
Non sono gli anglicismi, ma qualsiasi parola dal sapore straniero veniva bandita.
Non si andava più in vacanza a Courmayeur, bensì nella italica Cormaiore; poi la sera si andava a prendere un aperitivo con gli amici…ma non certo un effemminato cocktail! Meglio un arlecchino, più vicino ai gusti del maschio fascista.
E se si voleva ascoltare un po’ di musica, si andava in un negozio di dischi ad ascoltare l’ultimo 45 giri del grande trombettista Louis Armstrong.
«Louis Armstrong?» avrebbe risposto il negoziante «forse parlate di Luigi Fortebraccio! »
Già, perché a partire dal 1936 si diffuse una circolare del Partito Fascista che impose ai giornali di tradurre in italiano tutti i termini stranieri contenuti nelle canzoni, compresi i nomi degli artisti.: così il clarinettista Benny Goodman diventava il bonario Beniamino Buonuomo, l’attrice e show-girl Wanda Osiris diventava più semplicemente Vanda Osiri.
Nel 1938 la musica jazz, ormai dilagante, veniva bollata come musica negroide e bandita completamente dalle programmazione radiofoniche.
Ma gli intellettuali, i professori e i linguisti cosa pensavano di questa grottesca «rivoluzione»? Ecco un estratto dal Il Popolo d’Italia del 10 luglio 1938:
«Dobbiamo ritornare alla nostra tradizione, dobbiamo rinnegare, respingere le varie mode di Parigi, o di Londra, o d’America. Se mai, dovranno essere gli altri popoli a guardare a noi, come guardarono a Roma o all’Italia del Rinascimento… Basta con gli abiti da società, coi tubi di stufa, le code, i pantaloni cascanti, i colletti duri, le parole ostrogote»
Nel 1938 la musica jazz, ormai dilagante, veniva bollata come musica negroide e bandita completamente dalle programmazione radiofoniche.
Persino una mente
brillante e all’avanguardia come quella di Giovanni
Gentile,
il filosofo che diede il suo nome alla riforma scolastica più
importante mai varata in Italia (forse l’unico lascito degno di
merito di quel ventennio), diede il suo appoggio, e con lui altri
intellettuali come Filippo Marinetti (l’inventore della corrente
letteraria nota come Futurismo)
, Luigi Federzoni, Alessandro Pavolini. E le testate nazionali si
adeguarono subito, iniziando a stilare liste di nomi «assolutamente
da evitare» o da «italianizzare».
A proposito dell’introduzione
del «voi» al posto del «lei», c’era anche chi guardava il lato
comico della faccenda, come l’attore comico Totò
che
parlando del noto astronomo Galileo Galilei, lo chiamava Galileo
Gali-voi.
Anche i dialetti tra i banchi di scuole erano
teoricamente banditi. Teoricamente perché in realtà, il 90% della
popolazione continuava ad usare il dialetto della propria regione, o
città, in barba ai decreti del Duce.
Ma la lingua «se ne frega» delle leggi e dei decreti.
La lingua italiana è
un organismo vivo che segue le sue proprie leggi , difatti della
«rivoluzione» linguistica fascista, oggi non è rimasto molto, se
non l’involontaria comicità che oggi genera negli italiani del XI
secolo e pensare che nel percorso scolastico Mussolini si beccò 10 giorni di sospensione per le sue idee che bistrattavano l'italiano nei confronti di altre materie, per la serie "il tempo è moneta percio' vado a casa a studiare geometria"..
Per chi non riesce lumare la jpg di cui sopra in quanto opera col cellulare traduco lo scritto..
giovedi' mattina 3 andante, il Suo signor Figlio aveva lezione di storia, d'italiano, di calligrafia e di scienza.
Mancando per giusta causa il professore si storia, l'insegnante di italiano assegno' agli alunni della 3a classe tecnica il seguente tema "il tempo e' danaro".
Poco dopo Suo figlio consegno' all'assistente un pezzetto di carta dove si legge "il tempo e' moneta. Percio' vado a casa a studiare la geometria avvicinandosi l'esame. Non le pare piu' logico?.B.Mussolini
Il consiglio dei professori riunendosi d'urgenza per mantenere alto il prestigio della scuola e il rispetto per le persone che lo frequentano, ha sospeso Suo Figlio per dieci giorni.
La prevengo di questo perche' Ella voglia provvedere acciocche' il Figlio Suo non resti inoperoso per tanto tempo.
il Direttore Valf. Carducci
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Dando uno sguardo al calendario vedo che siamo gia' al corpus Domini e quindi devo prepararmi pscicologicamente al trasferimento nella casa marina e considerata la festivita' religiosa lascio spazio al buon Stefano che oggi si cimenta in lingua spagnola...
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