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sabato 1 aprile 2023

Mauro Venegoni.

 


Noi dobbiamo rimanere sulla breccia e se nostro destino è sacrificarci,
dobbiamo cadere là, al nostro posto di combattimento!
Non un passo indietro!”

questo era il motto di Mauro Venegoni.

Il post è dedicato alla famiglia di mamma Piera che discendeva da Morlacchi Gervaso e Marietta Venegoni che era cugina di Mauro Venegoni ardente patriota partigiano della brigata Garibaldi che catturato dai fascisti nel 1944 piuttosto che rivelare il nome degli appartenenti alla brigata si è fatto mutilare, accecare e uccidere e per questo è stato insignito della medaglia d'oro al valore militare.

Ed ecco la sua biografia di:

Mauro Venegoni è stato un politico e partigiano italiano, comunista rivoluzionario.

Nato il 4 ottobre 1903 a Legnano Morto il 31 ottobre 1944, a Busto Arsizio

A 12 anni, dopo gli studi elementari, iniziò a lavorare in fabbrica. Nel 1917, ad appena 15 anni, fu accolto con il fratello Carlo nella gioventù socialista e nel 1921 nel PCI (anche il fratello minore Guido sarà poi attivo nella Resistenza e nel PCI).

In prima fila nella battaglia contro i fascisti, fu più volte preso di mira dagli stessi. Nel 1924, a Milano, operaio alla Caproni, incominciò ad avere confidenza con Antonio Gramsci e a collaborare per l'Unità.

Fu anche membro del Comitato sindacale nazionale comunista.

In questi anni fu più volte aggredito dagli squadristi, catturato e incarcerato.

Alla fine del 1926 i Carabinieri di Legnano lo indicano per il confino. Nel 1927 fu imprigionato per 15 mesi.

Il suo nome fu proposto all'esame del Tribunale Speciale, ma fu prosciolto per mancanza di prove.

Nel 1929 si trasferì in Francia, dove fu assunto come operaio alla Citroën.

Nel 1930 fu inviato alla scuola leninista di Mosca, dove entrò in collisione con la politica stalinista.

Ritornato in Francia rientrò poi in Italia.

Nel 1932 fu catturato in Sicilia per attività sovversive.

Condannato a 5 anni e mezzo di prigione dal Tribunale Speciale fascista, fu rinchiuso per 5 anni nel carcere di Civitavecchia.

L'11 giugno 1940 fu nuovamente arrestato e rinchiuso nel campo fascista di Istonio (Vasto fino al 1941).

Qui organizzò un gruppo clandestino di resistenza.

Scoperto, fu trasferito nel campo allestito nelle Tremiti, dove per le sue idee anti-staliniste fu espulso dal partito.

La detenzione alle Tremiti terminò solo nell'agosto 1943.

Ritornato nella città natale, Legnano, si diede alla organizzazione dei lavoratori nelle fabbriche dell'Alto Milanese.

Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 pianificò e guidò le SAP prima nel legnanese e successivamente nel vimercatese.

A Legnano fu uno dei promotori della Brigata Garibaldi (una delle squadre partigiane costituite da soldati, operai e studenti dopo l'armistizio dell'8 settembre), e fu protagonista di numerose azioni armate, oltre a collaborare con il fratello Carlo alla redazione del giornale "Il Lavoratore".

Fatto prigioniero dalle squadre fasciste a Busto Arsizio, nell'interrogatorio gli fu imposto di svelare i nomi dei partigiani del suo raggruppamento, e al suo sprezzante rifiuto fu seviziato, mutilato, accecato e assassinato il 31 ottobre 1944.

La sua salma fu abbandonata in un campo nei dintorni di Cassano Magnago (nel luogo del ritrovamento è stato eretto un cippo commemorativo)


e quindi seppellito con il falso nome di Raimondi (le generalità riportate sui documenti falsi in suo possesso al momento dell'arresto).

La salma di Mauro Venegoni sarà esumata nell'ottobre 1945 e trasferita tra due ali di folla al cimitero monumentale di Legnano per essere seppellito nel campo dei caduti partigiani.

Nel dopoguerra e come detto all'inizio, gli è stata attribuita la Medaglia d'oro al valore militare alla Memoria e gli sono state dedicate diverse vie a Legnano e nei Comuni della zona.







Mauro Venegoni fu una figura della resistenza che immaginava nel post fascismo una società più egualitaria senza discriminazioni sociali.

La sua lezione e a la sua storia deve essere vista e ricordata con ragioni dell’attualità, e non merita la favola che il fascismo ha fatto anche cose buone.

Carlo, Mauro Pierino e Guido Venegoni insieme hanno lavorato per la dignità del lavoro, per porre fine allo sfruttamento e per la pace.”



QUELLO CHE DICONO GLI STORICI



Comunista con vaste esperienze internazionali
Per sfuggire la repressione fascista nel 1930 Mauro emigra clandestinamente a Parigi e lavora alla Citroen, dove lo troviamo a dirigere gli scioperi. Straordinario: dopo aver diretto gli scioperi a Legnano e in altre realtà è in prima linea anche in Francia! Si reca poi a Mosca: è la sua “Università”. A Mosca si rende conto della grave involuzione che ha subito il Partito comunista guidato ora da Stalin con repressioni, gulag e carcere per centinaia di migliaia di veri o presunti oppositori. Una cappa di piombo è già calata sull’Urss e Mauro ne vede i segni.



Contro Stalin
L’esperienza in Unione Sovietica fu particolarmente importante perché a Mosca vide con i suoi occhi gli effetti del dispotismo staliniano. Quindi pensare che Mauro fosse come molti altri partigiani comunisti succube del mito sovietico e in particolare della figura di Stalin vuol dire distorcere in modo grossolano le sue idee. Mauro fu sì comunista ma in chiave antistaliniana: al regime sovietico imputava non solo la mancanza di libertà, di parola, soprattutto sottolineava la degenerazione in chiave nazionalista del paese dei Soviet quando di fronte all’invasione nazista del giugno 1941 Stalin caricò la propaganda sovietica di temi patriottici ben lontani dal marxismo-leninismo. Non a caso Stalin battezzò la guerra sovietica contro il nazismo in termini di “Grande guerra patriottica” che imponeva l’alleanza con quelle potenze capitalistiche che avrebbe dovuto combattere in termini di guerra di classe: Gran Bretagna, Francia e Usa. Per non parlare del Patto Molotov-Ribbentrop (agosto ’39) quando la Germania nazista e l’Unione Sovietica comunista si allearono in un “Patto di non aggressione” dove segretamente si spartirono la Polonia e le regioni baltiche.



Contro Togliatti
Il suo antistalinismo istintivo lo portò durante gli anni della Resistenza a scontrarsi con il Partito Comunista di Togliatti, legato strettamente a Stalin e al suo mito tanto da dare alla Resistenza italiana lo stesso carattere della resistenza russa di fronte a Hitler. Ossia l’obiettivo unico doveva essere la liberazione d’Italia dal fascismo e dal nazismo (“Guerra di liberazione nazionale”). Obiettivo nobile, però Mauro vedeva oltre: la definitiva sconfitta del fascismo e del dominio tedesco in Italia doveva essere la leva per una rivoluzione che avrebbe portato al potere il comunismo. Mauro era un comunista rivoluzionario e sottolineava ogni volta nel suo giornale (“Il Lavoratore”) questa fede fatta di passione e tenacia.



Marxista teorico
Altro aspetto. Mi è capitato più volte di sentire parlare di Mauro come una sorta di “Che Guevara della Valle Olona” il cui carattere distintivo si sarebbe espresso solo nell’azione militare condotta testardamente. Che fosse un tipo portato a combattere sempre e ancora sempre fascisti e nazisti lo sanno tutti. Ma forse molti ignorano che era una persona molto colta (conosceva molto bene il francese e il russo) e nelle varie carceri in cui era stato rinchiuso aveva studiato tanto, oltre ad avere indubbie doti di intelligenza.
Ma è soprattutto l’assimilazione del marxismo teorico quello che a me preme sottolineare. Lo studio serio e ragionato dei testi di Marx ed Engels gli permise di capire molto meglio di altri la vera natura del fascismo in Italia. Per Mauro il fascismo è una reazione capitalistica e antioperaia del mondo imprenditoriale e finanziario di fronte alla radicalità delle lotte del proletariato italiano al tempo del Biennio Rosso (1919-1920).
Oggi sembra facile ragionare così ma non lo era affatto in quel periodo in cui fiorivano le più strane e fuorvianti tesi sul fascismo.

Un comunista per l’emancipazione del proletariato
Questo era Mauro: un uomo libero come i suoi tre fratelli Carlo, Pierino e Guido.


Un comunista retto, onesto, che dormiva pochissimo perché pensava molto e discuteva di giustizia e di libertà anche di notte, come ricorda il suo amico Arno Covini, che visse con lui in clandestinità per un certo periodo a Milano.

Era un comunista internazionalista che lavorava per l’emancipazione di tutti i lavoratori.

 


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