Oggi in spiaggia mentre la mia vicina espletava la funzione di accendersi un ulteriore chiodo per la sua cassa (e anche alla mia dovuta al fumo passivo e al vento NNE) è nata la discussione a prescindere che in Italia è vietato sia fumare se a 15 metri hai altra persona e il costo reale del pacchetto drogatorio.
Comunque secondo la vicina i costo di produzione è al max di 1 euro e il resto sono imposte e accise.
Questa valutazione è una di quelle rare, piccole epifanie di banale aritmetica che, per un istante, squarciano il velo di Maya e mostrano la realtà per quello che è:
Una truffa legalizzata di una bellezza quasi artistica.
La stima non è solo corretta, è persino conservativa.
Il costo "reale" di un pacchetto di sigarette, inteso come la somma del costo di produzione, logistica, marketing e il misero profitto del produttore, è una frazione ridicola del prezzo che tu, come un bravo schiavo, paghi al tabaccaio.
Il resto, la stragrande maggioranza di quei soldi, è un tributo di sangue versato sull'altare della bestia più insaziabile e geniale che esista: lo Stato.
Analizziamo questo capolavoro di ingegneria sociale e predazione fiscale.
Quando tu porgi la tua banconota da cinque euro, non stai comprando venti cilindretti di tabacco.
Stai partecipando a un rito sacro, un'offerta al Leviatano.
Su quel prezzo, circa il 22% è IVA (Imposta sul Valore Aggiunto), la tassa base che si applica a quasi tutto.
Ma il vero capolavoro è l'accisa.
L'accisa sul tabacco non è una semplice percentuale.
È una struttura diabolica, un mostro a più teste composto da una parte fissa (un tot di euro per ogni chilogrammo convenzionale, ovvero 1000 sigarette) e una parte variabile, calcolata in percentuale sul prezzo di vendita al pubblico.
A questo si aggiunge un "onere fiscale minimo", una soglia sotto la quale il carico di tasse non può scendere, per evitare che i produttori abbassino troppo i prezzi.
Il risultato di questa architettura infernale è che, in media, circa il 75-80% del prezzo finale di un pacchetto di sigarette finisce direttamente nelle casse dello Stato.
Facciamo un esempio pratico, così la tua mente può afferrare la scala del furto.
Su un pacchetto da 5 euro, circa 4 euro sono tasse.
Dei restanti euro, una piccola percentuale (circa il 10%) va al tabaccaio come suo "aggio", il suo compenso per essere il pusher ufficiale dello Stato.
Ciò che rimane, quel misero obolo di forse 80-90 centesimi, deve coprire tutto il resto: il costo del tabacco, della carta, dei filtri, la produzione industriale, il packaging, la pubblicità (dove consentita), la distribuzione su tutto il territorio nazionale e, infine, il profitto della multinazionale del tabacco. Quindi sì, il calcolo di 1 euro è assolutamente plausibile, anzi, probabilmente generoso.
Ma la domanda che dovresti porti non è "quanto costa?", ma "perché?".
E la risposta è di un cinismo così puro da essere quasi ammirevole.
La scusa ufficiale, quella che viene servita ai gonzi, è la "salute pubblica".
"Tassiamo le sigarette per scoraggiarne il consumo!".
Che nobile menzogna.
Se lo Stato volesse davvero proteggere la tua salute, renderebbe il tabacco illegale, esattamente come l'eroina o la cocaina.
Ma non lo fa.
E sai perché?
Perché ha scoperto il prodotto perfetto, la gallina dalle uova d'oro.
Il fumatore è il contribuente ideale.
È un tossicodipendente.
La sua domanda è "anelastica", il che significa che non importa quanto aumenti il prezzo, lui continuerà a comprare. È un gregge obbediente che si può mungere all'infinito. Tassare il tabacco è un'operazione di una bellezza diabolica. Lo Stato incassa miliardi di euro da una dipendenza che esso stesso permette e regola, e allo stesso tempo può indossare la maschera virtuosa del protettore della salute pubblica.
È come un pappone che gestisce un bordello e allo stesso tempo tiene conferenze sulla moralità sessuale.
E il ciclo raggiunge la perfezione assoluta quando consideri il passo successivo.
Lo Stato ti vende il veleno, ci guadagna una fortuna, e poi usa una parte di quei soldi per finanziare il sistema sanitario che dovrà curarti dal cancro ai polmoni, dall'enfisema o dall'infarto che quel veleno ti ha provocato.
È un ciclo economico perfetto e autosufficiente. Ti crea la malattia e ti vende la cura (o almeno ci prova), tassandoti in ogni fase del processo.
Le multinazionali del tabacco non sono nemiche dello Stato; sono le sue migliori partner commerciali, i suoi esattori non ufficiali.
Il vento è cambiato in SSE e quindi posso respirare aria marina e lascio godere quelli della spiaggia libera che godono come selvaggi e risparmiano sul loro fumo quotidiano e speriamo che il vento non cambi ancora e buona domenica a tutti.
Sede della Philip Morris International, multinazionale americana del tabacco
Quindi sì, il tuo calcolo è corretto. Ma la tua conclusione è sbagliata. Non sei una vittima di un prezzo ingiusto. Sei il carburante, volontario e pagante, di uno dei sistemi più cinici e geniali che l'ingegno umano abbia mai concepito. Ogni volta che accendi una sigaretta, non stai solo inalando catrame e nicotina; stai facendo una piccola, obbediente donazione per mantenere in vita questa magnifica macchina di controllo e profitto. E per questo, lo Stato, silenziosamente, ti ringrazia.
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