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martedì 26 novembre 2013

I promessi sPorci


la donna che vorrei


In quel ramo del lago di Como
c’e’ un freddo che gela ogni uomo:
tra promontori, boscaglie e torrenti
ti treman le palle e ti sbattono i denti,
addirittura nel borgo di Lecco
la Sammontana ci fa il Maxistecco.
Un freddo mattino, Abbondio il curato,
camminava pianino perche’ anchilosato,
si procacciava il suo poco salario
con un monte di seghe e poco breviario;
ma nonostante cappello, sciarpa e guanti
rimase diacciato con i Bravi davanti.


E il Bravo: “Fermati, che di culo hai la faccia,
apri le orecchie a questa minaccia!
C’e’ Don Rodrigo il nostro signore
che ha voglia di scopare ogni due ore
ed ha deciso che vuole un pompino
dalla ragazza di Tramaglino…
quindi pretaccio… non al matrimonio
senno’ scateniamo un pandemonio!”
Abbondio rispose con poche parole:
“Dite a Rodrigo che faro’ quel che vuole “.
Il curato entro in casa e scanso’ le vivande
perche’ piene di merda avea le mutande,
racconto’ alla serva ubbidiente
la cattiveria di quel prepotente ;
fu la Perpetua a dir: “Che crudele!”
mentre solerte gli puliva le mele.


Il prete l’indomani parlando latino
prendeva in giro il pover Tramaglino,
che irato sbotto’: “Ti infilo nel frigo!”
Abbondio s’arrese: “Lo vuole Rodrigo!
Non lo posso fare il matrimonio…
senno’ e mi mettano in pinzimonio!”
Renzo usci’ furente sbattendo la porta
e ando’ al negozio a disdire la torta ;
poi racconto' tutto alla demente Lucia
che consiglio’ tutti di pregare Maria.
Le speranze non eran che rimasugli…
poteva qualcosa Azzeccagarbugli?
Ma questi disse a Renzo: “Io… un vo’ beghe!
Dai retta figliolo, fatti tre seghe”.


Ma la coppia promessa non s’era arresa
ed architetto’ delle nozze a sorpresa,
un’azione di forza per gente decisa:
niente rinfresco, prima notte ad Incisa.
Entrarono in chiesa e nel buio assoluto
volaron pestoni, gambette ed uno sputo ;
atterrito Abbondio cerco’ di scappare
e Renzo si scaglio’ dritto sull’altare,
sbaglio' però presa e agguantò Gesu'Cristo,
il prete fuggendo: “Un ti sposo… hai visto!”
Successe un putiferio in tutto il paese
e fu la Lucia a farne le spese:
spalla lussata, versamento a un ginocchio
ed un disgustoso catarro in un occhio.
Si recarono quindi dal Padre Cappuccino
che organizzo’ la fuga per evitar casino:
si mimetizzarono come camaleonti
e con varie bestemmie salutarono i monti.
Che notte per Renzo: ne’ figa ne’ ano ,
Lucia parti’ per Monza e lui per Milano.


La sposa promessa tra il freddo ed il vento
giunse stremata fino ad un convento,
dove comandava una tale Gertrude,
la porcona-monaca con vulva che prude
che godeva a Monza, il Manzoni accenna,
facendosela scicanare da Prost e da Senna.


Appena Rodrigo udi’ dell’accaduto
mollo’ na scoreggia e tiro’ un grosso sputo,
urlo’ agli scagnozzi: “Voglio Lucia!
Cercatemela e portatemela, ovunque sia!”


Nel frattempo a Milano giungeva lo sposo
poco contento e abbastanza furioso,
ragionava tra se’: “Ma mondo stoppino…
non trombo Lucia e qui fo’ il cretino!”.
Ma giunta era l’ora di far colazione
ed agognando Renzo un bel bombolone
si reco’ presso il Forno alle Grucce….
Tiro’Briosce per aria come cartucce:
peggio della guerra di’ quindici-diciotto
volavan panini, schiacciate e un biscotto ;
la gente mirava davvero a far male:
sette contusi per un filone integrale.
Dopo un paio d’ore arrivarono i celerini
che sedarono il tutto tirando crostini.
Renzo si rifugio’ in un’osteria
e si sbronzo’ alla facciaccia di Lucia.


Avrete gia’ inteso che allora a Milano
c’era la crisi della farina e del grano
ma il pover Renzo sapeva n’accidenti
che li’ scarseggiavano questi frumenti.
Passeggiava pel centro con un sacco gigante
quando fu controllato da una volante,
fu perquisito e di poi arrestato:
detenzione e spaccio di cantucci di Prato.
Ma non finisce qui l’avvincente romanzo,
Renzo scappo’ verso l’ora di pranzo:
“Quasi quasi vo’ a Bergamo, si’ la città l’e’ brutta,
speriamo almeno un’ si tirin la frutta!
Proprio di mele c’ho dietro du’ torte…
se mi piglian stavolta c’e’ la pena di morte!”
Don Rodrigo in tachicardia
senza il pompino della Lucia,
esclamo’: “Perche’ non c’ho pensato?
Basta che avverta l’Innominato!”.
Parti’ al galoppo, valicava ogni valle
una mano alle briglie ed una alle palle
e appena il cavallo casco’ sulla ghiaia
apparve il cartello “Villa Calcinaia”.
Rodrigo all’Innominato: “Mio amicone,
con speranza ti chiedo ’sta commissione .
Rapiscimi Lucia, tranquillo e con calma
se non la trovo mi verra’ il cardiopalma!”
L’Innominato con cinque teppisti
entrò nel convento senza esser visti:
da tutte le suore Lucia era appartata
il Grifo la vide e le diede una bastonata,
la colpi’ con forza, un po’ sotto il collo,
lei si squaglio’ come il pane in ammollo.
Per piu’ di sei giorni la pora Lucia
rimase sdraiata per l’anestesia ;
la poveretta piangeva, piangeva e pregava:
“Madonna… fo’ un voto… nessuno mi chiava,
rinuncio ad ogni uomo, niente bambini
da qui finche’ non muoio saran ditalini!”.


Cosi’ lei giuro’ sperduta nel Chianti
quando le apparve l’Innominato davanti:
“Pora Lucia, ti vedo un po’ pesta,
che hai fatto alla spalla e li sulla testa?
Davvero mi vergogno e ti chiedo scusa…
non chiamo Rodrigo e ti mando a Ragusa!”.


Ma lei torno’ al paesello natale
e nel borgo scoppio’ un gran carnevale:
baci ed abbracci, strappi di camicia…
nemmeno in curva quando c’era Derticia,
ma si blocco’ di colpo la citta’
quando seppe del voto di castita’.
Lucia grido’: “Che Renzo si metta in pace…
il suo uccello lo piglio solo alla brace!”.
Milano intanto senza che si sapesse
fu colpita da una forma di aiddiesse:
i rotoli di carta furon presto esauriti
e la gente si puliva il culo coi diti.
Il contagio avveniva stringendosi le mani
e cosi’ fu moria tra i popolani.
Rodrigo fu colpito da una forma violenta
salutando uno zio che cacava polenta:
vane le cure con aspirina e chinino…
e mori’ senza ricevere quel beato pompino.


Ed ecco proprio che da questo momento
riapparve Renzo dall’isolamento:
da Bergamo a Lecco in un battibaleno,
superando le carrozze nientedimeno,
arrivo’ da Lucia che tutta emozionata
gli disse che lui non l’avrebbe trombata.
E Renzo rispose, di rabbia assai empio:
“Lucia te c’hai il VOTO… ed io lo riempio!”.
Questo e’ il finale: ma quale provvidenza…
i mugolii echeggiarono ben oltre Vicenza.


Il mio romanzo e’ terminato,
ripongo la penna e vo’ a bere un Moscato
perche’ io soprattutto di questo Manzoni
mi son veramente scassato i coglioni!


la donna che vorrei

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