STORIA
DELL'ARALDICA.
Cognome:
Bonzi
Dossier:
529
Tipo:Dossier
Araldici
Lingua
del testo: Italiano
Titoli:
Conti
- Nobili
Nobili
in:Italia
Tipo
di Stemma:
Interzato
in fascia: nel primo d'argento all'aquila di nero; nel secondo
d'azzurro al braccio destro, vestito di nero, e tenente colla mano di
carnagione una scure in palo, d'argento, accostata da due stelle
d'oro di sei raggi; nel terzo campo di cielo al pino al naturale.
Descrizione:
Famiglia
ascritta al Maggior Consiglio di Crema nel 1738.
Facchino,
impresario di barche del Serio, si adoperò vivamente a favore della
Serenissima: con dogale veneta del 1450 ebbe per sé e discendenti in
perpetuo il diritto di pesca sul fiume predetto ancora, goduto dalla
famiglia.
Nel
1694 ottennero da Venezia, mediante sborso di ottocento ducati,
l'investitura della giurisdizione sul Serio con prerogativa feudale
nonché il titolo comitale.
Orazio,
fervente democratico, partecipò ai Comizi di Lione nel 1802. Con
sovrana risoluzione 9 aprile 1836 ottennero la conferma della nobiltà
e del titolo comitale.
Sono
iscritti nell'Elenco Ufficiale col titolo di "conte" per m.
e di "nobile" per mf. in persona di: Antonio; di Francesco,
di Leonardo. Fratelli: Elena, Laura Valeria in Garbati, Antonia,
Carolina, Carluccio, Aldo, di Giuseppe, di Leonardo. Fratelli: Jole in Premoli,
Amalia in Bissaccani, Clito, Enzo, Iro, Maria in Fadini, Rina in
Premoli, Ercole. Figli di Ioro: Giuseppe, Leonardo, …
NOTE
DALLA PAGINA DEL COMUNE DI RIPALTA CREMASCA
Villa
Bonzi - San Michele
I
Bonzi del ramo di San Michele – Leonardo Bonzi –
Villa Privata Non visitabile
Possiamo
porre come anno post quem per la costruzione della villa Bonzi di San
Michele il 1685, data del catasto veneto che non ne porta traccia.
A
questo punto non è azzardato supporre che l'abbia costruita (o abbia
adattato un preesistente edificio) nella prima metà del Settecento
il conte Ercole (+13.3.1761), colui che entrò finalmente a far parte
del patriziato cittadino dopo aver sposato nel 1737 Valeria
Vimercati.
Il catasto attribuisce il complesso, nel 1814, ai
fratelli Ercole, Orazio, Luigi, Ottimo e Leonardo di fu Giuseppe,
nipoti del citato conte. Era costituito dalla vera e propria casa di
villeggiatura, da una casa da massaro, da orti e pascoli. (Cit.
Zucchelli).
"Precisamente, stiamo vedendo la facciata della
villa abitata ultimamente dal Conte
Leonardo Bonzi,
quello de "L'Angelo dei Bimbi", quello che con Lualdi e don
Gnocchi (che diventerà beato tra non molto) è stato in America a
raccogliere fondi (nel 1949 è tornato con 80 milioni di lire).
Tutti
e tre sono stati ricevuti dal papa Pio XII , che si è molto
interessato all'Opera di Assistenza ai mutilatini di Guerra. (Cit. P.
Savoia).
[…] Il casato continuò con il fratello Leonardo
(1785-1841), capitano di servizio dell'imperatore d'Austria.
Ebbe
tre figli, Luigia, Leonardo Giuseppe (1826-1 864) e Giuseppe Ignazio
(1830-1894). […]
Tra i figli di Giuseppe vi fu Iro,
padre di quel Bonzi Leonardo
famoso per tutto quanto ha realizzato. Leonardo fu un atleta
riconosciuto a livello internazionale (dal tennis, al bob,
all’alpinismo) pilota di aereo effettuò numerose attraversate che
potremmo definire estreme.
Nel marzo del 1939 ottenne il primato
internazionale del percorso senza scalo Roma-Addis Abeba (1939) e,
nell'agosto del 1941, guadagnò una medaglia d'oro al valore per
un'eroica trasvolata anch'essa senza scalo dall'Italia a Gimma, nel
Galla Sidamo (Etiopia) per venire in soccorso a un gruppo di soldati
italiani accerchiati dal nemico e completamente isolati. […] Si
deve inoltre al conte Leonardo anche la costituzione della riserva di
caccia del Marzale con l'acquisto di notevoli fondi sulla riva del
Serio nella località omonima, presso Ripalta Vecchia e tuttora
esistente. (Cit. Zucchelli).
Leonardo fu inoltre cineasta,
realizzando numerosi lungometraggi di carattere documentaristico e
ottenendo riconoscimenti a Cannes e un David di Donatello.
Morì a
San Michele nel 1977.
Proseguendo arriviamo poi al
“Trampolino” (ora trattoria La Rosa Gialla) che oltre ad essere
fino a qualche anno fa punto di riferimento per i camionisti che qui
si fermavano per il pranzo e per un bicchiere di vino, era anche
rivendita di tabacchi e monopolio di stato.
Sempre
dal Comune rileviamo questo studio:
Villa
Bonzi Ripalta Nuova - Casa e Parco
Di
fronte alla chiesa di Ripalta Nuova si può ammirare quello che è
uno dei palazzi più belli di Ripalta.
Il
bellissimo cancello in ferro battuto dà accesso al giardino e alla
villa Bonzi (Giardì e cà dal Cunt). Per i non longobardi (giardino
e casa del conte).
I Bonzi chi sono?..
Proponiamo di seguito
una piccola nota storica della famiglia Bonzi ricavata da quanto già
pubblicato in diversi testi di carattere generale del Cremasco, ma
cercando di sintetizzare quelle nozioni che riguardano più da vicino
il loro rapporto con il nostro comune ed in particolare i discendenti
che hanno dato vita alle due ville in Ripalta Cremasca e cioè: la
Villa in Ripalta Nuova e, trattata successivamente, quella in San
Michele.
Per
le origini dei Bonzi utilizzeremo in particolare il testo scritto nel
1859 da F.S. Benvenuti (che cita Racchetti, Salomini, Terni e Zucchi)
e un articolo de “La Provincia” del 1958:
Bonzi. — Di loro
il Racchetti narra:
«
Famiglia di barcajuoli antichissima in tal mestiere.
Il
primo nominato nella genealogia si è un Ercole, il quale viveva al
cominciare del secolo decimosettimo: ma fino dal 1462 certo Facchino
Bonzi, barcajuolo, aveva una barca grande, o come è chiamata una
nave, con la quale faceva il viaggio di Venezia partendo forse da
Montodine o poco sotto, dove il Serio sbocca nell'Adda, e in questa
condusse l'anno medesimo gli oratori mandati colà per congratularsi
col nuovo principe Cristoforo Moro.
Poi
allorchè erano in Crema i Francesi, un Bernardino , che il Terni
chiama Bongi e il Fino Bonzi, conducendo con la sua barca un carico
d'armi od altro che ad armi appartiene, fu preso e messo alla corda ,
su cui confessò che le trasportava a Venezia, accusando quali suoi
complici parecchi geutiluomini cremaschi.
Gl'imputati
si scolparono in suo confronto, egli venne squartato, e i suoi
compagni ch'avea nella barca condannati alle forche, della qual pena
alcuni si liberarono con denari.
Ciò
avvenne nel 1509, sicchè Ercole il capo -stipite nella genealogia
potea forse essere suo nipote: e forse che tale condanna ascritta a
merito dei discendenti procacciò ad Ercole il feudo del fiume Serio
di cui fu investito l'anno 16I0.
Ma
i suoi successori non poterono mai tranquillamente goderne sino
all'anno 1694, nel quale vennero di nuovo dalla Signoria confermati,
investendone Bernardino co' suoi fratelli e aggiungendovi il titolo
di conte.»
Quanto
ci narra il Racchetti, confermano la storia di Crema ed alcuni
documenti che sono presso la famiglia Bonzi.
Leggemmo
in questi che nel 1450 Facchino Bonzi, cittadino cremasco, essendosi
adoperato perchè la città nostra cadesse sotto il dominio dei
Veneziani, la repubblica, a rimeritarlo dei prestati servigi, gli
concedette per cinque anni un diritto usufruttuario sulla pesca del
Serio , nel qual diritto Facchino, decorsi i cinque anni, venne
confermato.
E
nel 1511, lo stesso diritto di pesca venne dalla repubblica
riconfermato alla famiglia Bonzi pei meriti di Bernardino « il quale
non degenerando (dice la Ducale) dalle ottime operazioni degli
antiqui della famiglia sua che merita dalla signoria nostra lunga
dimostrazione di gratitudine, persistendo in un'ardentissima
disposizione, non ha dubitato a benefizio dello Stato nostro esponere
e periclitare la vita sua, sicchè da' nemici nostri è stato
crudelissimamente squartato. »
Ed
ancora nel 1610 la repubblica veneta rinnovava la concessione dei
diritti giurisdizionali sul fiume Serio alla casa Bonzi, investendone
Ercole Bonzi.
Ciò
nondimeno i Bonzi venivano dal Comune pertinacemente molestati nel
godimento degli acquisiti privilegi, ond'essi nel 1694 domandarono
d'esserne formalmente investiti per ragion feudale, offrendo di
pagare ottocento ducati acciocchè insieme all'investitura feudale
siconcedesse loro il titolo di conti.
Quanto
desideravano conseguirono, e furono creati Conti del Serio.
È nei
patti dell'investitura che tutti i discendenti maschi legittimi
godranno in perpetuo il diritto di pesca nel Serio con tutte le
prerogative del feudo, e che, estinta la linea mascolina, devolvere
si debba nel pubblico la ragion feudale.
Il
diritto di pesca estendesi su tutta quella parte del fiume che scorre
sul territorio cremasco, non che sul poco oro e sulle morte lasciate
e fatte per esso fiume.
Durante il dominio dei Veneziani non
bastava possedere il titolo di conte perchè il municipio cremasco
considerasse una famiglia tra le nobili: bisognava essere aggregati
al Consilio generale della città, e quest'aggregazione ottenne
Ercole Bonzi nel secolo scorso, facilitandosene la via collo sposare
una Vimercati.
La
pesca nel Serio feudo dei conti Bonzi
Questa
famiglia ha derivato anticamente il privilegio da Mozzanica a
Boccaserio e
lo conserva tuttora
Crema,
10. - Sulle sponde del Serio, nei luoghi più frequentati, si trovano
dei cippi di granito che recano incisa questa scritta: "Fiume
Serio - Diritto esclusivo di pesca, pesci e oro del conte Giuseppe
Bonzi di Crema - Dal ponte di Mozzanica allo sbocco dell'Adda".
È
la famiglia Bonzi che ha fatto collocare questi cippi lungo le rive
del Serio a pubblica affermazione dei propri diritti in base ai
privilegi anticamente derivati e che essendo anch'oggi in possesso di
questa esclusività, di tratto in tratto fa ripristinare le parole
incise nel granito.
Il
diritto di pesca fu esercitato nel corso dei secoli non tanto
direttamente quanto per mezzo di affittuari.
I
pesci d'acqua dolce più comuni erano, come lo sono ancora, le
tinche, i balbi, i persici, le carpe, i carassi per non dire della
minuteria come le lasche, i triotti, i pighi, le lamprede e quei
curiosi pesciolini che vivono nelle ghiaiette "sfregagerra";
più pregiati i lucci e le anguille, oggetto di particolare stima le
trote.
Le mutate condizioni del fiume non possono offrire oggi
un'idea esatta del profitto che se ne poteva trarre anche se le
acque, nel passato più abbondanti tranquille, erano assai più
pescose e Bernardino Bonzi nel 1545 diceva apertamente che la
giurisdizione sul Serio era più di aggravio che di guadagno.
L'aggravio
veniva dall'onerosa vigilanza, dalle continue infrazioni e dei
continui abusi che si verificavano.
I
Bonzi (come narra il conte Enzo Bonzi della pubblicazione "I
Conti del Serio") furono per secoli continuamente provocati e
tormentati nel loro feudo, ma per secoli difesero e rivendicarono i
loro diritti contro privati contro i Comuni assai poco riguardosi di
questo privilegio feudale.
Durante
il dominio della Repubblica Veneta è una intermittente di "ducali",
di proclami, di sentenze e l'archivio di Casa Bonzi contiene grossi
fascicoli che concernono cause, contestazioni e i riti di ogni
genere, sempre riguardanti la pesca nel Serio e sempre concluse con
il riconoscimento del diritto esclusivo feudale, la cui data di
concessione non è peraltro precisata dalla citata pubblicazione.
Nel
1634, il 16 settembre, 11 uomini di Ripalta Vecchia furono condannati
a sborsare in solido lire 100 per avere tentato di pescare a viva
forza nella zona detta Villa di Rivolta Vecchia, furono condannati
inoltre versare L. 30 al titolo di riparazione dei danni, più alle
spese del processo.
Gli
abitanti di Mozzanica nel 1679 sporgono querela contro il conte
Sforza Griffoni di Sant'Angelo e contro gli abitanti di Gabbiano che
gli impediscono di pescare nel "mortone" del Serio fra
Gabbiano e Mozzanica, ed ottengono soddisfazione "perché
essendo stata anticamente concesso a pescagione nel fiume serio e
nelle sue morte alla Casa dei Bonzi cremaschi, come in Ducali 1435,
non v'ha ad alcuno ingerirsene".
Dal
1717 al 1794 rimane in archivio una collezione di ben 21 proclami
stampati in crema e pubblicati "premesso prima il suono di
tromba", tutti dello stesso tenore cioè che "nessuno
ardisca ne presuma di turbare, né far turbare lì Feudadarii
nell'uso della Pesca, così del mio solidale pesce come dell'Oro"...
come pure resti strettamente proibito il getto delle pastelle ai
pessi... et ciò in pena di Ducati 500".
Le
"pastelle" erano a base di veleno, precedente, nei secoli,
della pesca con le bombe e con il cloro.
Il
Podestà e Capitano di Crema Marin Minio nel 1774 emana un proclama
nel quale fra l'altro è detto: "... né vi sia alcuno che osi
farsi lecito né con barche né in qualunque altra maniera a
impedire, distrarre, molestare, né in alcun modo pregiudicare alle
ragioni di detta fedelissima famiglia Bonzi nel Serio, né all'uso e
di cui, fu investita dalla pesca come dell'oro ecc., in pena di
Ducati 500".
Questa strenua difesa del proprio feudo da parte
dei conti Bonzi era in realtà una difesa del fiume come pubblico
bene, e in questo senso è stata proseguita è mantenuta anche contro
l'incomprensione di coloro che avrebbero dovuto comprenderla.
Col
diminuire delle acque e con le distruzioni della pesca clandestina il
patrimonio ittiologico della Serio del Serio è andato scemando e già
nel 1891 i Bonzi ricorsero all'immissione di 7000 avannotti di trota,
che fu proseguita nel 1903 e nel 1910 con immissione complessiva di
20.000 avannotti e nel 1911 e ripopolamento fu intensissimo per un
totale di 65.000 avannotti in due riprese cui se ne aggiunsero altri
25.000, tutti sull'assegnazione del Ministero dell'Agricoltura.
La
Grande Guerra, che distolse dalla cura ed alla guardia e che
familiarizzò l'uso delle bombe e delle sostanze velenose, annullò
poco poco i vantaggi tutte le emissioni.
Altre
cause gravemente dannose alla piscicoltura sono state le sette dighe
o palate costruite negli ultimi cinquant'anni che tornano dannose al
diritto feudale perché impediscono il pesce di risalire il fiume,
dato che non sono adottati accorgimenti prescritti dalle leggi per
evitare danno alla piscicoltura oppure favorendo l'agricoltura la
quale - è detto nella pubblicazione - "deve avere la preferenza
sui pesci". (Dal quotidiano La Provincia di venerdì 11 aprile
1958.)
I
due Rami Bonzi: (Ripalta Nuova)
Ma
ritorniamo ora a chi ha permesso o contribuito alla realizzazione
delle due ville Bonzi del comune.
L’ultimo
erede della famiglia, proprietario della villa di Ripalta Nuova fu
Antonio secondo l’albero genealogico riportato dal Zucchelli:
Ramo
di Antonio:
-Leonardo Giuseppe (+1864), sposa Antonietta
Severgnini.
-Francesco (+1909) Sposa Luigia Carioni e fonda la
Villa in Ripalta Nuova
-Antonio (+1944)
Nel dettaglio
riportiamo quanto scritto dall’autore e cioè:
Francesco Bonzi
(+9.11.1909) era figlio di Leonardo (1826- 1864) e di Valeria
Antonietta Severgnini (sposata nel 1848).
Aveva
dato origine a un secondo ramo di famiglia, mentre dal fratello
Giuseppe (1830-1894) discendeva il ramo di San Michele. (cit.
Zucchelli)
Lo
Zucchelli parlando di Francesco, relativamente ai possedimenti
continua dicendo:
A
motivo "del molto gravame e del poco guadagno" Francesco
cedette anche tutti i suoi diritti sul fiume Serio " al Conte
Giuseppe (suo zio, ndr), nella cui famiglia vennero così ad essere
concentrati e trasmessi i privilegi, che prima erano distribuiti su
tutta la discendenza mascolina.
"
Negli annali cremaschi viene citata la sorella di Francesco, la
contessa Valeria che morì nubile il 12.10.1850 all’'età di set
tant'anni. "Il suo nome è ricordato nel libro d 'oro della
beneficenza cittadina, perché con testamento del 20 settembre 1850
lasciò lire austriache trentamila da distribuirsi in parti uguali
agli Istituti delle Zitelle, delle Ritirate e dei Mendicanti, e altre
cinquemila all'Ospizio dei Poveri, affinché coi frutti di detto
capitale si compri ogni anno tanta legna da fuoco che serva per le
donne ivi ricoverate. " (Cit. Zucchelli)
Le
notizie circa le origini di questo palazzo sono però un po’
confuse.
Secondo
infatti alcuni emeriti studiosi locali, primo fra tutti il nostro
illustre Pietro Savoia, la costruzione viene fatta risalire al
Settecento:
Pare che al progetto della costruzione settecentesca
della villa vi abbia messo mano il Donati, l'architetto della chiesa;
ma l'abitazione ha subito vari rimaneggiamenti; ne farebbe fede - tra
l'altro - una data posta in cima allo scalone d'onore: 1888.
Nell'ampio salone, oltre il caminetto in marmo, (un altro con gli
stemmi è stato trasportato in giardino e usato come panchina) sono
da notare le sedie monumentali, i cassettoni antichi e vari dipinti.
I
pavimenti a tipo mosaico veneziano, le pareti istoriate con figure di
animali, la luminosa veranda, meritano di essere attentamente
osservati. (Cit. Pietro Savoia)
Studi
più recenti (1993/94 nota tecnica Arch. Meanti Luigi) - dopo aver
premesso circa le difficoltà della datazione della costruzione, la
mancanza di documentazione e di informazioni (o la contraddittorietà
di molte di esse) - cercano di ricostruire con rigore oggettivo
l’origine del palazzo.
[…] dall' analisi della Mappa del
Comune Censuario di Ripalta Nuova rettificata nel 1842 risulta che il
terreno dove ora sorgono la villa, il parco ed i rustici era occupato
da abitazione che successivamente sono scomparse.
Il
mappale 274 che in seguito sarà proprio della villa risulta essere
censito come Prato di 5.38 pertiche cremasche e di proprietà di
Valenti nobile Bartolomeo e di Piatti nobile Giulia
usufruttuaria.
[…] Nell' Archivio di Stato di Cremona il
dilemma iniziale è stato fugato: ad una analisi della mappatura
catastale riguardante il territorio di Ripalta Nuova risulta che nel
1842 il terreno attualmente occupato dalla villa e dalle pertinenze
era occupato da abitazioni che vennero successivamente demolite per
far posto alla villa ed al giardino.
La
conferma di questa differenza ci perviene tramite la consultazione
del "Libro delle particelle d'Estimo e dei Possessori”
unitamente ai "Registri delle Partite Catastali" mediante i
quali siamo riusciti a definire l'esatta proprietà e la consistenza
del bene. Proseguendo nell' analisi si scopre che l'attuale villa
viene accatastata al Nuovo Catasto Fabbricati nel 1893 e risulta
essere intestata al Conte Antonio Bonzi.
Sempre
tramite l'analisi dei partitari siamo riusciti a ricostruire i vari
passaggi di proprietà che proseguono fino agli attuali proprietari.
Tutto ciò comunque non ci ha permesso di conoscere l'esatta data di
costruzione ed il relativo estensore del progetto.
Particolarmente
prezioso quanto fortuito si è rivelato l’accesso all'Archivio
dell’Ufficio di Registro di Crema: accedendo a questo fondo siamo
riusciti a visionare l’Atto di Successione della Contessa Luisa
Carioni in Bonzi, madre del Conte Antonio, colei che per prima volle
la costruzione della villa e del giardino.
[…] L'ulteriore prova
la si ottiene, sempre dal "Libro delle Partite d'Estimo" in
quanto il mappale 274 il 12 Maggio 1887 viene voltato a favore di
Bonzi conte Antonio, Elena, Laura, Valeria ed Antonietta ossia i
figli della Contessa Luisa Bonzi Carioni.
Dunque
sappiamo che nel 1887 la villa non esisteva ancora; la data del 1888
che si legge chiaramente in cima allo scalone d'onore potrebbe far
pensare proprio all' anno d'inizio di costruzione; del resto
l’accatastamento al Nuovo Catasto Fabbricati avviene solo nel 1893
ed il bene censito alla Partita 473 Bonzi conte Antonio fu Francesco
risulta descritto come Casa Civile con Giardino avente 4 piani, 25
vani in Via Umberto I nel territorio di Ripalta Nuova. Un'ulteriore
prova della mancata esistenza dalla villa ma della dichiarata volontà
della defunta ci viene dal "Necrologio in onore della Contessa
Luisa Bonzi Carioni" nel quale si legge che "...fatta assai
più ricca, non pensò che ad edificarsi una villa, la quale e dal
lato dell'igiene e dall' ampiezza meglio rispondesse alle esigenze
sociali, ai bisogni cresciuti.
Poveretta!
Non ne vide che il disegno!"
Quanto
detto sopra è confermato anche dal Zucchelli (Ville del
Cremasco)
[…] Il catasto veneto del 1685 non registra infatti
nessuna loro proprietà.
Quello
del 1815 non segnala se non due piccoli appezzamenti di terreno a sud
del paese, intestati a Bonzi Orazio di fu Giuseppe, che anticamente
erano in riva al fiume il quale, in seguito, aveva cambiato
corso.
[…] Sempre dal catasto del 1815, nella zona antistante la
chiesa parrocchiale, troviamo vaste proprietà: a nord una casa con
corte d'affitto, orti e prati del sacerdote Giuseppe Terni Paletti; a
sud, una casa di villeggiatura con corte, relativa casa da massaro,
orti e pascoli dei conti Valenti che avevano notevoli possedimenti in
Ripalta, fin dal secolo XVII, come attesta il catasto veneto.
Il
sito esatto dove sorgerà la villa Bonzi è ancora, nella mappa del
1848, un prato irrigato con viti e moroni, sempre dei Valenti
proprietari pure della riva, di un bosco misto e di un prato aratorio
posti ad est, verso il fiume.
[…] Il catasto registra in data
25.7.1885 il passaggio della suddetta proprietà, intestata alla
nobile Ancilla Valenti (compresi gli spazi dove sorgerà la villa
Bonzi) a Filippo Scarpini certamente per compravendita. Passano pochi
mesi e quest'ultimo rivende il tutto alla nobile Luigia Carioni,
moglie del conte Francesco Bonzi.
Alla
nobil signora arriva, negli stessi anni, anche la proprietà a nord
del sacerdote Giuseppe Terni.
Quest'ultimo
l'aveva infatti ceduta nel 1852 al sacerdote Angelo Fasoli e al
fratello Giuseppe e da quest'ultimi, poco dopo, era passata ai
fratelli Paolo, Lodovico e Cristoforo Parati che la cedettero alle
sorelle Laura Elena e Agostina, le quali - a loro volta - vendettero
il tutto, il 6 novembre 1886, alla Carioni.
[…] La nobildonna
era quindi riuscita a realizzare il progetto di unire una vasta
proprietà in riva alla sponda destra del Serio, proprio di fronte
quella riserva del Marzale che verrà costituita successivamente da
Leonardo Bonzi sulla sponda sinistra.
Le
due rive verranno quindi collegate con una passerella in legno sul
fiume di cui i Bonzi avevano, da secoli, il diritto di pesca da
Mozzanica allo sbocco nell'Adda.
Il
progetto della Carioni si completò, nel giro di due anni, con la
costruzione nel 1888, da parte del marito Francesco Bonzi, della
grande villa che ancora oggi ammiriamo.
La
data è certa perché la troviamo dipinta in un fregio del vano dello
scalone della villa stessa. Non sono quindi attendibili le notizie
secondo le quali la villa dovette essere stata disegnata da Giovanni
Battista Donati di Lugano, l'architetto che progettò la chiesa
parrocchiale nel 1739.
[…] La Carioni ottenne in eredità dallo
zio Agostino Vimercati, deceduto celibe il 9.8.1886, anche il palazzo
di via Matteotti in città (denominato ancora oggi con il nome di
Bonzi).
Ma
purtroppo la donna morì a 30 anni, il 29 dicembre dello stesso anno,
appena dopo aver unito tutte le proprietà. Francesco aveva avuto da
lei Antonio, Elena, Laura, Valeria, Luisa.
Ai
figli vennero intestate le proprietà di Ripalta, mentre Francesco ne
rimaneva usufruttuario.
Sposò
in seguito una seconda donna, Ida Piacentini, dalla quale ebbe la
figlia Lina.
Il
catasto registra la villa dei figli di Francesco Bonzi solo nella
revisione dei fabbricati del 1890: la definisce una casa civile con
giardino di 4 piani e 25 vani.
Nel
1903 e nel 1904 è registrata l'uscita dalla proprietà delle sorelle
Elena, Laura, Valeria, Luisa, per cui la villa di Ripalta Nuova restò
solo al conte Antonio.
Due
anni dopo arriverà anche la riunione di usufrutto con la morte del
padre.
Antonio Bonzi ottenne dalla mamma anche il palazzo di via
Matteotti in città e lo tenne per una trentina d'anni che gli
bastarono per arricchirlo con I ‘intervento più qualificato di
tutta la sua storia: la cappella affrescata da Giuseppe Eugenio Conti
(1842-1909).
Il Bonzi acquistò fondi e case anche a Ripalta,
impinguando le proprie proprietà.
Ben
presto, tuttavia, il vizio del gioco lo costrinse ad alienarle
in gran parte.
Vendette
il palazzo di città dopo la prima guerra mondiale (nel 1934 perverrà
in proprietà del Seminario vescovile), un opificio di San Michele a
Cirillo Bruschi (14.9.1918), tre case di Ripalta rispettivamente a
Giovanni Pagliari (il 3.8.1922), ai coniugi Zambelli (18.4.1933) e ad
Angelo Citterio (16.4. 1940)."
Si
tenne tuttavia la villa fino alla morte che avvenne il 20.ll.1944. La
lasciò per testamento (del 18.12.1941) per metà al figlio Franco e
il resto alle figlie Ida e Lodovica, nonché alla moglie Costanza
Gallo.
Morto il conte Antonio, i figli non ebbero interesse a
mantenere la proprietà di Ripalta.
Conclusa
la guerra la vendettero, il 22.11.1945, alla "Castoro" srl
con sede a Milano, mentre Bonzi Lodovica fu Antonio manteneva la
parte di una casa nelle adiacenze della villa.
La Società
"Castoro" si sciolse nei successivi anni Cinquanta e il
26.4.1956, con atto del notaio Gianì di Pandino, la bella casa con
la vasta proprietà fondiaria passò a proprietà privata come è
ancora oggi. (Cit. Zucchelli)
Il
Giardino
Molti
dei concittadini, negli anni passati, entravano abitualmente “in
Giardino”, o perché i vicini si recavano per attingere l’acqua
dal pozzo o anche solo per una visita ai proprietari Pandiani o per
curiosare o “prendere il fresco”.
Non
è stato più così per le ultime generazioni, le quali hanno sempre
visto il cancello chiuso.
Da
quando, infatti, per motivi chiaramente legati alla sicurezza, il
cancello è stato automatizzato, non è più possibile gironzolare
per i vialetti.
Solo
nell’ultimo periodo, la disponibilità del nostro concittadino e
proprietario Fortunato Pandiani (complice la reciproca fiducia nei
confronti degli autori di questo testo) ha permesso di realizzare più
manifestazioni culturali nella splendida cornice del parco di villa
Bonzi.
È
stato così possibile accedere al giardino rendendolo nuovamente
fruibile ai concittadini e allo stesso tempo valorizzare l’importanza
del monumento stesso.
Per
noi autori, la prima volta che ci è stato concesso di poter
oltrepassare il cancello, è stato emozionante, ci siamo sentiti
“favoriti” nel poter camminare in un vialetto carico di storia,
di poter ripercorrere gli stessi passi percorsi dalla nobiltà
cremasca. Entrando, ci si sente piccoli, schiacciati dalla maestosità
degli alberi; poter gironzolare accompagnati dai racconti dettagliati
del proprietario per scoprire angoli, assaporare il profumo delle
essenze arboree, poter entrare nella casa e ammirare affreschi,
stemmi è stato un privilegio, un’esperienza molto suggestiva,
preziosa e impagabile.
Inoltre,
per l’occasione della stesura di questo testo, l’odierno
proprietario Fortunato Pandiani, ha fatto censire gli alberi
presenti.
Il
censimento, effettuato a marzo 2016 (completo in appendice) riguarda
quegli alberi più interessanti, o per età o per
particolarità/rarità della specie nel nostro territorio.
Era
infatti “moda” nell’Ottocento importare piante da altri
continenti: spicca fra tutti, in bella mostra guardando attraverso il
cancello, “’l Piantù”, un Cedro del Libano la cui età supera
i 150 anni.
Il
monumentale albero, che ha una circonferenza di cinque metri e 70 cm
è anche censito nell’inventario regionale.
Ma
vi sono altre specie molto antiche nel giardino: i 7 Cipressi di
Lawson (90/100 anni), i 46 Tassi o Albero della morte (14 di questi
superano i 100 anni) il cui seme contenuto nel frutto è mortale. In
primavera, accedere al giardino è un’esplosione di colori e
profumi: Magnolia, Nocciolo, Camelia, Pesco, il refrigerio
dell’ombra, l’atmosfera fiabesca, l’inquietudine della sera…
insomma: un patrimonio ripaltese.
All’ingresso un vialetto di
fronte ed uno a sinistra, portano alla casa. Il primo sentiero
permette di ammirare l’ultracentenario “Cedro del
Libano”.
Proseguendo si può scorgere il ponticello sotto cui
passava l’acqua di un fossetto (ora, causa la cessione dei diritti
dell’acqua da parte del fu Antonio di acqua non ne passa più).
"il
ponte dei nani" sotto il quale scorreva una roggia, derivazione
di un diritto d'acqua, anch'esso venduto da Antonio Bonzi.
A
sud e a nord del parco esistono ancora le antiche parti agricole e di
servizio della villa (oggi trasformate) (Cit. Zucchelli).
Sul lato
destro si incontra la casetta del pozzo. Da questo punto, una siepe
accompagna il visitatore fino alla Casa.
Se imbocchiamo il
vialetto di sinistra invece, percorriamo un semicerchio che ci porta
ad ammirare l’esplosione di verde di tutto il giardino fino ad
affiancare il bambù gigante e successivamente gli alberi da
frutto.
Intanto quella che comunemente è detta ancora villa
Bonzi, perché abitata per parecchi decenni dalla gentilizia
famiglia, ma che in realtà era dei Carioni - Vimercati, è ora dei
signori Pandiani Benelli
La villa è inserita nel giardino
al quale si accede dalla via principale del paese; notevole è il
cancello d'ingresso in ferro battuto recentemente elettrificato.
L'impianto
del giardino è all'inglese; tale impostazione è confermata, oltre
che dall'irregolarità geometrica, anche dalla presenza di un
ponticello, di un gazebo, di una voliera e di grotte rocciose sparse
casualmente che alimentano il clima suggestivo caratterizzante
l'intero complesso.
È
possibile affermare, con un pizzico di immaginazione, che il
tracciatore del giardino è riuscito ad interpretare appieno i
desideri inconclusi della Contessa Bonzi, in quanto già la scelta
stessa del terreno "...sulla costiera che domina il Serio"
è risultata particolarmente favorevole nel creare quell'ambiente
naturale-artificiale che potesse "...dar luogo ad un apparente
«grato disordine» ed una controllata confusione; così che passando
dall'una all'altra scena ci si imbatte come per caso in una veduta
particolarmente bella o su un altro piacevole oggetto".
Un'altra
peculiarità del parco è rappresentata dalla presenza di essenze
arboree insolite nel territorio cremasco: accanto a noccioli, pini,
magnolie, castagni e ippocastani troviamo infatti cedri libanesi,
sofore ed altri alberi importati dall'estero.
Era
questa un'usanza diffusa alla fine del secolo scorso e che rifletteva
appieno il gusto eclettico e decadente del periodo, aperto a nuove
esperienze e pronto a recepire nuovi messaggi e nuovi stimoli.
Un
discorso a parte, infine, nella descrizione del giardino, merita la
parte orientale che declina verso il Serio: attualmente essa è
occupata da alberi da frutto e da vigne, mentre sul terreno che si
estende nella conca, vengono coltivate colture erbacee (Arboree
N.d.R). (Cit. Luigi Meanti)
Citiamo
di seguito la descrizione della proprietà fatta dallo
Zucchelli:
L'attuale proprietà, di circa 50.000 metri quadrati
(cinque ettari che equivalgono a circa 15 pertiche), comprende il
parco, la villa e buona parte del versante della valle fluviale che
però non arriva più al Serio.
È
chiusa infatti a est da un muro di cinta che si apre con un cancello
su una campereccia.
Si
tratta ancora comunque di un vastissimo spazio, oggi variamente
coltivato, lo stesso che anticamente era occupato da un laghetto,
alimentato da un ramo morto del fiume (vi si vede ancora il ponte del
bocchello) e che faceva da cerniera tra la casa e il fiume e dava al
tutto un tocco molto suggestivo (il laghetto è disegnato dalle mappe
catastali del 1901).
Nei
campi più a oriente vicini al fiume, ora di altra proprietà, si
vedono ancora i resti di una vecchia muraglia che delimitava l'antico
podere dei Bonzi.
Dal basso della valle, si gode una superba
visione della villa, con il suo aspetto austero, unico - per certi
versi - nel Cremasco, immersa tra alberi secolari, dietro alla quale
svetta il delizioso campanile della parrocchiale. (Cit. Zucchelli).
La
Casa
Al
termine dei vialetti uno spiazzo a ghiaietto circonda la villa.
Maestosa e solenne si erge fiera nella sua antichità.
La
villa Bonzi è un edificio imponente a forma cubica con soffitto a
quattro spioventi e di taglio neoclassico che si rifà al gusto
romano con solenni finestre a timpani alternativamente triangolari e
a segmento circolare.
Una
caratteristica dei palazzi di città, che non abbiamo trovato in
nessuna villa del Cremasco, salvo che nei disegni della distrutta
villa Torricelle di Santa Maria della Croce.
I
ferri battuti e gli stucchi interni richiamano invece un gusto
eclettico-floreale, tipico del la fine Ottocento e inizio Novecento.
(Cit. Zucchelli).
La
facciata principale è austera e lineare (è infatti interrotta
solamente dalle finestre e dai marcapiani) su cui spicca il portone
d’ingresso sovrastato da una tettoia in ferro battuto.
invece
la facciata posteriore è più movimentata grazie al terrazzino
racchiuso da una balaustra interrotta dall’accesso alla balconata
stessa con tre gradini.
Sulla
balaustra, che fanno da cornice ai gradini di accesso, due lampade a
lanterna. Dal terrazzino è possibile accedere attraverso tre porte
al salone d’onore.
Da qui i Bonzi potevano osservare l'intera
valletta del Serio con il laghetto, i giochi d'acqua e il sentiero
che portava sino al fiume. (Cit. Zucchelli).
La facciata laterale
nord ricalca nella sobrietà la facciata orientale, mentre è la
facciata sud la più “movimentata” della casa.
Spicca
soprattutto il doppio arco coperto, chiuso da una balaustra, che
permette l’accesso alla casa.
Sopra
l’arco un balcone.
Dai
racconti del proprietario, questo accesso sembra fosse riservato al
personale di servizio.
Di
fatto, appenna oltrepassato l’ingresso, una scala di servizio porta
al piano inferiore dove erano situate le cucine.
Ancora
ben conservato il camino con lo stemma del Conte.
Dalla
facciata Sud si può ammirare, di fronte, il patio le cui colonne,
alla base portano scolpito lo stemma del casato.
Dietro
le abitazioni del personale di servizio (poi trasformate in
abitazione dei dipendenti dell’Agip).
Muovendo
poi lo sguardo, a sinistra, la voliera, posta a ridosso della
scarpata che porta al Serio e, dietro, il patio.
Lasciando alle
spalle la facciata sud e proseguendo verso la voliera si apre la
vallata con i terreni di pertinenza.
Qui
un tempo sorgeva un laghetto con un ponticello.
Tutt’intorno
un muro di cinta che delimita la proprietà e che anticamente
proseguiva fino al fiume dove una passerella collegava la proprietà
di Ripalta Nuova con la tenuta di Ripalta Vecchia (che discuteremo in
seguito trattando del conte Leonardo di San Michele). Gli occhi si
perdono, si intravede ancora il ponticello, il cancello che permette
l’accesso dalla lama del Serio e sulla sinistra le cascate e la
splendida piscina.
Gli
stemmi della villa
Nella
villa, affrescati oppure scolpiti nel legno o nella pietra, fanno
bella mostra gli stemmi delle famiglie che hanno partecipato alla
“vita” della casa.
Non
solo quindi lo stemma del Bonzi, famiglia a cui è dedicata la
dimora, ma anche lo stemma dei Carioni (la moglie Luigia) e dei
Vimercati Sanseverino.
Era
infatti norma che, conseguentemente al matrimonio, la sposa portasse
con sè il proprio “corredo” araldico o addirittura, lo stemma
veniva modificato incorporando, in uno dei quarti, il nuovo emblema
araldico.
Questi stemmi li ritroviamo in molte parti, sulla
cornice delle pareti dell’ingresso, nel salone d’onore o sulla
scalinata che porta ai piani nobili, incisi nel legno degli scranni,
sulla base delle colonne di sostegno del patio fino alla pietra del
camino, dove figure allegoriche o angelici putti sostengono le
cornici che racchiudono gli stemmi. Tra i tanti stemmi riconoscibili
se ne frappongono altri di cui non si riconosce il casato.