Oggi in occasione della festa del ringraziamento, vorrei ringraziare ancora una volta, te che vai al supermercato e dovresti avere a cuore il problema del carrello (di civiltà e spiccioli).
Ricordo che ci sta un gesto, semplice semplice, che non ti costa niente. O quasi.
Hai fatto la spesa, hai portato tutto in macchina, e lì si apre il bivio morale.. riporti il carrello al suo posto… o lo lasci lì, tra una portiera graffiata e una striscia pedonale bloccata?
Ma perché devi fare sto sforzo ?
Nessuno ti obbliga, nessuna legge ti impone niente, la polizia non ti aspetta dietro l’angolo.
Eppure, quel gesto — che pare roba da niente — dice parecchio di te.
Di me.
Di noi.
È qui che nasce quello che gli studiosi chiamano “paradosso del carrello della spesa” e che da queste parti a piè del monte, potremmo chiamare “a proa da omen da bin”.
Perché quando nessuno ti guarda, il comportamento che scegli è lo specchio fedele del tuo senso civico.
Chi lo riporta, dimostra di sapere vivere in società.
Chi lo lascia lì, invece, campa nella convinzione che il mondo giri attorno al suo comodo.
Ma siccome in Italia la fiducia nel prossimo è da sempre materia letteraria (più da commedia all’italiana che da Costituzione), s’è pensato bene di correre ai ripari.
E così — nei supermercati — è arrivata la moneta.
No, non come cauzione.
Non è un contratto, non è un affitto.
Si chiama comodato d’uso condizionato, e tradotto in longobardo mia regione natìa, suona più o meno così: "te do el carrell, ma ti dammel indre altriment te ciulo l'euro”- (io ti do il carrello ma tu dammelo indietro altrimenti ti castigo la moneta).
Perdonate l'accento ma otto lustri a piè del monte mi stanno livellando il linguaggio.
L’euro nel carrello non serve a scoraggiare i ladri (un carrello costa anche 200 euro, e nessun ricettatore s'è mai sognato di rivenderli al mercato nero, anzi spero di non avergli dato l'idea).
Serve, invece, a comprare un comportamento.
E funziona.
Ma — attenzione — solo se la moneta è abbastanza pesante: con 10 o 20 centesimi la gente se ne sbatte le palle e nel mio caso come diceva il mio tutor informatico.. se avessi avuto i pendenti bronzei, avremmo sentito campane a festa tutto il giorno..
Ma appena si tocca l’euro, o magari i 2 euro, voilà.. la civiltà rifiorisce come le begonie di Monica a maggio.
Mezzo euro.
Questo, pare, è il prezzo minimo dell’educazione civica in Italia. Un’educazione che la scuola, la famiglia e lo Stato avrebbero dovuto costruire nei decenni… e invece ci tocca delegarla a una catenella e a una fessura di metallo.
E così — come spesso accade — il privato supplisce al pubblic..: ingressi a pagamento anche simbolici nei musei, contributi minimi per eventi culturali (in questo caso almeno 5€, l'abbiamo pagato sulle nostre spalle).
Perché tutto ciò che è gratuito, da noi, viene spesso trattato con sufficienza, quando non con disprezzo.
Paghi? Allora rispetti.
Anche se è poco.
La verità è che abbiamo smesso di credere nel valore intrinseco delle cose e ci comportiamo come se fossimo soli al mondo: ognun per i fatti sua.
Ma ogni gesto ha una conseguenza.
Ogni carrello lasciato in giro è un piccolo atto di egoismo che inciampa nella ruota di qualcun altro.
E allora, guardate quel carrello, prima di andarne via.
Perché non è solo un aggeggio di metallo.. è lo specchio della nostra idea di società.
E oggi, questo specchio ci rimanda un’immagine fragile, che si può aggiustare.
Con poco.
Con 50 centesimi, magari o come faccio io, con un dischetto di plastica che mi fa godere come un selvaggio quando il marocchino di turno mi dice “io portare carrello” e io fai e tieni pure...
Il ragionamento è diventato virale sui social, spesso citato come "The Shopping Cart Theory".
Non nasce in ambito accademico ma viene analizzato da filosofi morali, economisti comportamentali e psicologi sociali.
Questo post è simile al precedente dedicato al carrello (che misi a suo tempo) ma è l'attualità e poi chi non ha un segno sulla macchina provocato dalla massaia bastarda che se ne sbatte le palle di centrarvi la fiancata...




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